Il clima è già cambiato, ma manca un piano di adattamento nazionale

Il clima è già cambiato. Lo sa bene chi vive nelle aree urbane, dove, a causa del maltempo che sembra non avere fine, si registrano numerosi disagi nella viabilità urbana, oltre ai blackout elettrici. Una conferma arriva anche  dalle inondazioni dei giorni scorsi a Venezia, Matera, Pisa e dagli eventi meteorologici estremi che si sono abbattuti su molti territori della penisola. Come ha rilevato il Rapporto dell’Osservatorio di Legambiente Cittàclima, realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol, nel 2018 l’Italia è stata colpita da 148 fenomeni atmosferici violenti, che hanno causato 32 vittime e oltre 4.500 sfollati, un bilancio di molto superiore alla media degli ultimi cinque anni. Dal 2014 al 2018 le sole inondazioni hanno provocato nel territorio italiano la morte di 68 persone.

Secondo i dati divulgati dall’associazione ambientalista, nelle città le temperature sono in continua crescita e a ritmi maggiori rispetto al resto del Paese. I picchi sono stati rilevati a Milano (+1,5 gradi), a Bari (+1) e Bologna (+0,9) a fronte di una media nazionale delle aree urbane di +0,8 gradi centigradi nel periodo 2001-2018 rispetto alla media del periodo 1971-2000.

L’aumento delle temperature e le ondate di calore hanno delle conseguenze rilevanti sulla salute delle persone. Uno studio epidemiologico realizzato su 21 città italiane, infatti, ha evidenziato l’incremento percentuale della mortalità giornaliera associata alle ondate di calore con 23.880 morti tra il 2005 e il 2016. E gli impatti più rilevanti sono stati registrati nella popolazione anziana. Lo scenario peggiorerà nei prossimi anni. Secondo una ricerca del progetto Copernicus european health su 9 città europee, nel periodo 2021-2050 vi sarà un incremento medio dei giorni di ondate di calore tra il 370 e il 400%, con un ulteriore aumento nel periodo 2050-2080 fino al 1100%.

Il cambiamento del  clima comporta  anche una difficoltà ad accedere alle risorse idriche. Inoltre, con l’innalzamento dei livelli dei mari  sono a rischio città come Venezia, Trieste, Ravenna, la foce del Pescara, il golfo di Taranto, La Spezia, Cagliari, Oristano, Trapani, Marsala, Gioia Tauro.  

Legambiente chiede al governo di approvare quanto prima il Piano di adattamento al clima e di mettere le città al centro delle priorità di intervento. Inoltre, secondo l’associazione ambientalista, occorre fermare le costruzioni in aree a rischio idrogeologico che continuano a mettere in pericolo la vita delle persone. Sono ancora tanti i Comuni che continuano a realizzare “tombamenti” di corsi d’acqua e a dare il via libera a edificazioni in aree a rischio.