L’Amazzonia brucia. Il polmone del Pianeta rischia di scomparire

Siamo sempre più vicini a un punto di non ritorno. La foresta amazzonica nel territorio brasiliano ogni minuto sta perdendo una superficie equivalente a oltre tre campi di calcio. E le conseguenze per gli equilibri climatici sono devastanti, perché il collasso dell’ecosistema  forestale amazzonico comporta la perdita del più grande serbatoio di biodiversità della Terra.

La deforestazione alimentata dagli incendi degli ultimi giorni ha degli effetti sulla riduzione della produzione di ossigeno, sull’assorbimento di CO2, sulla produzione di acqua dolce e sul mantenimento della biodiversità.

Secondo l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (INPE) solo da quest’anno (dal primo gennaio fino al 19 agosto) gli incendi in Brasile sono aumentati dell’83% rispetto allo stesso periodo nel 2018. Nello stesso periodo sono circa 73mila i roghi registrati nel paese di cui il 52% proprio in Amazzonia. Storicamente, in questa regione, l’uso del fuoco è direttamente collegato alla deforestazione, perché è una delle tecniche utilizzate per creare nuovi spazi per coltivazioni, allevamenti e miniere.

Per le organizzazioni ambientaliste questa situazione penosa è stata favorita dalle politiche sciagurate del governo brasiliano, che  hanno fatto della deforestazione uno strumento per dare maggiore vigore ad uno sviluppo basato sulla predazione delle risorse naturali.

E non è un caso che il presidente Jair Bolsonaro ha accusato le Ong e gli ambientalisti di aver bruciato le foreste per poterlo attaccare. Dando in questo modo una  risposta alquanto  surreale e grottesca a coloro che lo accusano di non aver agito contro il preoccupante aumento degli incendi in Amazzonia.

Lo stesso Bolsonaro che in seguito all’allarme lanciato dal  presidente francese  sulla “crisi internazionale” che rappresentano gli incendi forestali in Brasile, reclamando al G7 di iscrivere la questione all’agenda del suo vertice, ha accusato Emanuel Macron di cedere al “sensazionalismo” per “interessi politici personali”, dimostrando inoltre una “mentalità colonialista”.

E mentre continuano gli scontri politici, i dati ci dicono che l’area deforestata dell’Amazzonia, che è stata monitorata a luglio via satellite, corrisponde a una superficie di 2.254 chilometri quadrati. Ciò equivale a oltre un terzo di tutto il volume disboscato negli ultimi 12 mesi, tra agosto 2018 e luglio 2019, periodo in cui il totale della deforestazione ha raggiunto i 6.833 chilometri quadrati con un aumento, registrato proprio nel mese di luglio, del 278% rispetto allo stesso periodo negli anni precedenti.

E’ bene ricordare che le foreste pluviali svolgono un ruolo fondamentale di contrasto al riscaldamento globale e senza la loro presenza rischiamo di perdere fra il 17 e il 20% di risorse di acqua per il Pianeta, un numero pari a 6,7 milioni di km quadrati di territori boschivi, e il 20% della produzione di ossigeno della Terra. A questo si aggiunge il rischio della perdita di habitat per 34 milioni di persone e del 10% di tutta la biodiversità mondiale.

“Il saccheggio dell’Amazzonia e delle sue straordinarie risorse ha anche un drammatico risvolto sociale. La deforestazione  è infatti accompagnata da un drammatico aumento delle violenze verso le popolazioni indigene che vivono in quei territori – ha  affermato Isabella Pratesi, direttore Conservazione del WWF Italia – Cacciate dalle loro foreste, assassinate e torturate per il commercio di legna, miniere d’oro, pascoli e coltivazioni, le tribù amazzoniche sono le prime vittime di un efferato crimine contro l’umanità e il pianeta rispetto al quale i nostri occhi e le nostre orecchie rimangono sigillati”.

La foresta Amazzonica è un ambiente delicatissimo e irripetibile. Ed ora rischia di  scomparire per sempre e nessun intervento di rinaturalizzazione potrà mai creare la straordinaria varietà, ricchezza e complessità di una foresta tropicale non violata dall’uomo.

Intanto le immagini che circolano sui social media mostrano la coltre di fumo che sta oscurando diverse località della regione di San Paolo. Da due settimane le fiamme stanno riducendo in cenere vegetazione e boschi negli stati settentrionali. L’incendio ha coinvolto Acri, Rondônia, Mato Grosso e Mato Grosso do Sul, comprese le aree dell’Amazzonia e del Pantanal. Non sono mancati gli atti di solidarietà, e nelle scorse ore su Twitter è stato lanciato l’hashtag #PrayforAmazonia, che ha scalato rapidamente la topic trend del social media.