Mediterraneo, troppa plastica nello stomaco degli animali

La plastica intrappola, affoga e strangola le specie marine. La troviamo nello stomaco dei pesci, e può arrivare in ambienti molto profondi e remoti, tra i coralli e le gorgonie. Nel Mediterraneo almeno 50.000 esemplari appartenenti a  116 specie marine diverse hanno ingerito plastica: il 59% di queste sono pesci ossei. Inclusi in questa percentuale anche quelli di interesse commerciale come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni, scampi, gamberi rossi; il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe, uccelli.

A spiegarlo è uno studio dell’Ispra, il più ampio e aggiornato sul Mediterraneo, che ha rintracciato 168 categorie di organismi marini trasportati da oggetti galleggianti (principalmente di plastica), anche in ambienti in cui non erano stati rintracciati prima; tra questi, ci sono anche batteri patogeni che possono causare malattie nei pesci che li ingeriscono. La tartaruga marina Caretta caretta è la specie mediterranea più a rischio: è infatti stata identificata come specie indicatrice dell’ingestione di rifiuti nell’ambito della Strategia Marina.

Nel capitolo del libro “Plastics in the Aquatic Environment – Current Status and Challenges” pubblicato dalla Springer Nature, si ricorda che la produzione mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 agli oltre 310 milioni attuali, e ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate finiscono negli oceani del mondo. La plastica raggiunge il mare a causa di una cattiva gestione dei rifiuti, ma anche per la sovrapproduzione di imballaggi e prodotti monouso che vengono messi in circolazione dall’industria alimentare e non solo.

Un segnale di cambiamento potrebbe arrivare con la direttiva dell’Unione europea contro la plastica monouso. Anche se  si tratta soltanto di un tentativo per limitare i danni.