Le statistiche Eurostat del 2017 riportano che la Calabria ha un tasso di disoccupazione giovanile del 55,6%, la Campania del 54,7% e la Sicilia del 52,9%. Per la mancanza di lavoro e di possibilità di crescita lavorativa, il meridione si sta svuotando sempre di più dei suoi giovani. Questa tendenza ha portato ad una progressiva desertificazione di un’intera area del nostro Paese.
Dal 2008 al 2015, il saldo migratorio fa paura: 478mila giovani di cui 133mila laureati, con le donne in misura maggiore rispetto agli uomini. A questi tristi numeri si accompagna una perdita di popolazione di 2 mila unità nella fascia di 0-4 anni in conseguenza al flusso di bambini che si trasferiscono con i genitori.
Negli anni ’60 e ’70, la migrazione era ben diversa di quella attuale: si trattava di famiglie povere in cerca di lavoro; sceglievano il Nord perché più industrializzato rispetto al Sud. Ma la questione dell’immigrazione al Nord oggi è diversa perché non coinvolge più operai e contadini ma neo-diplomati in procinto di cominciare l’università o giovani laureati e specializzati. I giovani, già a 19 anni, piuttosto che rimanere a studiare a casa propria preferiscono andare in una città dove il livello universitario è ritenuto più alto e soprattutto dove, una volta laureati, potrebbero avere una prospettiva di lavoro. A perderci, come sempre, sono quei giovani che non hanno abbastanza mezzi in partenza da poter decidere dove stare e che lavoro fare. Quei giovani che non hanno famiglie facoltose alle spalle. Ci si trova davanti a un bivio: alla prospettiva di un non-futuro, si accetta di vivere lontani dalla propria famiglia, dai propri amici storici che, anche loro, si sparpagliano. È proprio il caso di dire che non tutti hanno la fortuna di poter tornare da dove vengono e provare a investire, nel proprio paese, per il proprio futuro.
Sono solite le affermazioni:
“io ci tornerei anche al Sud, nella città dove sono nato e cresciuto, ma poi che faccio?”.
E non si può infierire contro una dichiarazione del genere, poiché ha tutti i suoi motivi. L’unica speranza è che da qualche parte si deve pur cominciare a casa o fuori casa, tenendo presente che lasciare casa propria deve essere una scelta, non un’imposizione, da qualsiasi angolo del mondo si provenga. Non è necessario un esperto per comprendere quanto di triste e tragico si nasconda dietro questa rapida carrellata di numeri in percentuale.
Il Sud si sta trasformando rapidamente in un guscio vuoto, una culla di giovani talentuosi abbandonati dal posto in cui sono cresciuti. E se si volesse tentare di resistere ed esistere anche al Sud del nostro paese? Eppure perché è così difficile capire che oggi, nel 2018, non è sbagliato desiderare di restare dove si è trascorsa la maggior parte della propria esistenza? Probabilmente no, forse è tremendamente sbagliato mettere i giovani meridionali alle strette, facendo sentire loro il peso di una triste e necessaria fuga dal meridione.