“NO CAP”, la filiera etica che combatte il Caporalato

Dallo sfruttamento lavorativo alla tutela contrattuale, un centinaio di braccianti sono stati coinvolti in un progetto per la tracciabilità dei prodotti agricoli, contro ogni forma di caporalato. NO CAP è dignità del lavoratore e qualità del prodotto locale.

Il 23 settembre 2019 è stata presentata, a Foggia, la prima filiera etica in Italia contro il caporalato, in collaborazione del Gruppo Megamark di Trani, l’associazione internazionale anticaporalato NO CAP, impegnata a promuovere e valorizzare le aziende agricole che rispettano la legalità e i diritti dei lavoratori, e Rete Perlaterra, una rete tra imprese che promuovono pratiche agroecologiche di lavoro della terra.

Nel corso della conferenza stampa è stato spiegato come la filiera NO CAP è basata su un sistema di tracciabilità delle filiere agroalimentari mediante l’uso sia del bollino etico, denominato “NoCap”,promosso dall’Associazione NO CAP, sia del marchio di qualità etico IAMME, a breve tra gli scaffali di: A&O, Dok, Famila, Iperfamila e Sole365 del Mezzogiorno, con cinque tipologie di conserve di pomodoro biologico, frutta e verdura fresche.

Qual è il senso di NO Cap?

E’ certamente un modo per gridare “NO” al caporalato. Un passo per dare un segnale di ribellione al fatto che la Capitanata, sin da decenni ormai, è terra di caporalato e di sfruttamento dei lavoratori, ma è anche colma di gente che desidera lavorare dignitosamente, con tanta voglia di produrre cibo autoctono e di qualità. Non possiamo nascondere che ogni anno siamo costretti a sentire di lavoratori in nero, che svolgono orari stremanti per una misera paga, ovunque, specie al sud, in cui sono centinaia gli insediamenti dove abitano stagionalmente i lavoratori agricoli: masserie abbandonate, tendopoli e fabbriche in dismesse. Noto è il Gran ghetto di Rignano Garganico, il quale arriva a ospitare all’acume della raccolta di pomodori in estate, fino a mille persone. Persone, molte delle quali straniere, che vivono in condizioni malsane e disumane e impossibilitate a denunciare; lavorano a cottimo o a giornata, senza nè contratto nè busta paga, con una retribuzione ben inferiore a quella sindacale. Attualmente il progetto coinvolge una ventina di aziende e circa 100 braccianti selezionati principalmente all’interno di ghetti e baraccopoli delle tre regioni – dal ghetto di Borgo Mezzanone a quello di Cerigno, passando da Casa Sankara di San Severo. Si tratta di gente sottratte alla malavita e al ricatto dei caporali.

Rispetto per l’ambiente e per il paesaggio [..] le attività economiche non devono distruggere le coste, i boschi, le montagne i laghi e le altre risorse naturali che sono la base dell’economia del turismo e generano PIL sostenibile per il Paese. Rispetto per la salute dei cittadini. Produzione senza contaminanti e nessuna immissione di sostanze nocive nell’ambiente che inquinano il suolo, avvelenano l’aria o l’acqua e causano malattie. […] rispetto per il lavoro. Niente sfruttamento di manodopera sottopagata o schiavizzata. Contratti di lavoro legali e soprattutto umani“.

Unendo le forze è stato possibile creare tutto questo, unendole ancora di più, sarà possibile dar vita a un posto migliore, dignitoso, per qualsiasi essere umano che abita questo mondo. Non è un’utopia e NO CAP rappresenta un esempio concreto.