Un approfondimento formativo con la dottoressa Giuseppina Falciglia, neuropsichiatra infantile, con un focus particolare sull’autolesionismo. Questa l’ultima tappa del percorso di continuo aggiornamento che ha riguardato l’équipe del progetto Child Care, finanziato in Molise dall’Impresa sociale Con i Bambini attraverso bando. Il progetto è attivo con un centro dedicato alla prevenzione e al trattamento di situazioni che vedono i minori vittime o possibili vittime di abusi e violenze.
Il tema dell’autolesionismo è un fenomeno di indubbia rilevanza clinica e sociale, soprattutto per la sua gravità e per la considerevole diffusione nella popolazione adolescenziale, già a partire dagli 11-12 anni di età. Le condotte autolesive sono l’espressione di un profondo stato di malessere e di disagio. Questo è un fenomeno allarmante che sta diventando sempre più diffuso tra gli adolescenti ed i giovani adulti.
È noto che i ragazzi che mettono in atto condotte autolesive sono maggiormente a rischio di outcome negativi, compreso il suicidio. La comparsa di queste condotte è influenzata da una serie di fattori, tra cui il contagio sociale, le difficoltà interpersonali, il background neurobiologico, la disregolazione emotiva e le esperienze avverse nell’infanzia.
Ci sono casi di autolesionismo anche tra quelli seguiti dal centro di Child Care che si trova a Campobasso. I primi casi seguiti mostrano come tale fenomeno stia assumendo rilevanza sempre più marcata. E tra i fattori di rischio ci sono quasi sempre la storia personale di abuso fisico, emotivo o sessuale, di maltrattamento o trascuratezza. Oppure un ambiente familiare caratterizzato da uno stile relazionale carente di sostegno affettivo, ove viene repressa l’espressione dell’aggressività e della collera che favoriscono il ripiego contro di sé. Spesso abbiamo una qualità povera della relazione nella coppia genitoriale oppure presenza di stati di disagio mentale o franca patologia psichiatrica in uno dei genitori. Frequenti sono le situazioni di conflitto presente nei rapporti familiari o di relazione non supportiva tra genitore e figlio; o quelle con legami di attaccamento insicuro e condizioni socioeconomiche svantaggiose o deprivate culturalmente.
E’ importante che coloro che operano sulle famiglie in percorsi così delicati siano sempre accompagnati da aggiornamento professionale. Anche questa formazione, che il team ha appena concluso, è stata utile per approfondire i correlati psicopatologici e alcuni tratti psicologici come alessitimia e impulsività inerenti al self-cutting. Nonché la programmazione di interventi di prevenzione primaria e secondaria che dovrebbero mirare alla psico-educazione all’affettività, all’autocontrollo e ai social skill.
L’obiettivo è dunque approfondire gli aspetti della gestione clinica di questi pazienti e lavorare sulle relative attenzioni anamnestico-cliniche da avere sia al momento della valutazione diagnostica sia lungo il follow-up della presa in carico.