Dopo 22 anni alla guida dell’UNICEF Molise, che insieme a Domenico Sollazzo e ad un gruppetto di amici ho avuto l’opportunità di fondare, finalmente è avvenuto il cambio della guardia. Con grande gioia e soddisfazione ho passato il testimone ad Elvira Battista, ispettore Inail, psicologa esperta in bambini e relativi diritti, ma soprattutto grande amica.
Da vent’anni operiamo insieme nel volontariato, da lei ho imparato tanto perché nella casa famiglia Pinocchio, che sempre Domenico Sollazzo ed io realizzammo a Ripalimosani (CB) nel 2002. Elvira era solido punto di riferimento insieme ad Anna Falciatore, entrambe responsabili della formazione permanente agli operatori, fiore all’occhiello della struttura in un’epoca in cui la legge 328 che regola il settore non veniva ancora ben assimilata nel sociale. E invece lì si tenevano periodiche riunioni di formazione al ruolo, o delle “équipe di inserimento“, gruppi multiprofessionali che ragionavano sulle esigenze di ogni ospite per tagliare su misura e in maniera condivisa gli interventi da fare. Un’organizzazione allora davvero all’avanguardia, oggi presente nella casa famiglia Il Piccolo principe di Limosano (CB).
Quante, ma quante persone si sono avvicinate a noi chiedendo di impegnarsi in quella struttura ripetendo sempre la stessa frase: “Vorrei lavorare qui perché mi piacciono tanto i bambini”! E quante di queste hanno dovuto riconoscere di non essere tagliate per un compito così delicato e difficile: aiutare minori colpiti da dolori profondi a ritrovare equilibrio e serenità.
C’è ancora tanta superficialità nel comprendere e soprattutto nel difendere concretamente i diritti dei più piccoli e se vent’anni fa da pioniera dovevo spiegare nei singoli paesi o nelle varie manifestazioni che cosa è l’UNICEF e di cosa si occupa (perché ai più era ignota proprio l’esistenza del Fondo ONU) oggi c’è ancora molta confusione sul concetto di diritto del bambino. Favorito da un moderno modo di apprendere le cose, forse un po’ troppo veloce, l’approccio generale al tema è ancora molto, molto superficiale.
Sei d’accordo con me Elvira?
“E’ così. Innanzitutto dobbiamo dire che oggi, data la povertà dilagante, tutti chiedono soldi e ognuno di noi dona l’euro a destra o a sinistra. Allo stesso tempo si parla spesso e male di chi riceve il denaro, abitudine causata anche da comportamenti devianti di tante organizzazioni disoneste o fasulle. Quindi all’assenza di informazione corretta si aggiungono giudizi o pregiudizi spesso giustificabili. Dopo l’enorme lavoro che è stato fatto sinora per far nascere nella mente e nella coscienza l’UNICEF, oggi dobbiamo cominciare a spiegare con pazienza infinita, che cosa sono i diritti, come si difendono e perché dobbiamo difenderli. Insomma, tu hai lavorato per seminare e far crescere sana questa pianta, ora sta a me fortificarla”.
Perfetto, direi. In effetti il lavoro di semina è stato certosino e non sempre facile, anche se ricco di vita e di belle persone. Come intendi procedere per questa, diciamo così, seconda fase?
“In pratica dobbiamo innanzitutto continuare a formarci e formare: l’UNICEF è l’unica organizzazione che ho personalmente conosciuto con così tanta formazione per i suoi volontari. E poi dobbiamo tornare in piazza a spiegare, non per vendere un fiore o raccogliere un euro in più, ma per trasmettere con tutta la nostra passione i motivi che ci spingono a sensibilizzare la gente. Sono troppi i bambini che nel mondo, per un motivo o per un altro, soffrono. Non possiamo rimanere a guardare“.
L’UNICEF si occupa di bambini in difficoltà che si trovano lontano, ma i nostri soffrono ugualmente, come confermano i dati sempre crescenti delle denunce in loro tutela e degli allontanamenti dai nuclei d’origine. Quali sono, come terapeuta, i vuoti maggiori che riscontri nei minori di oggi?
“Principalmente l’assenza di dialogo: con i genitori e anche con gli amici, con i quali si tende ad avere rapporti sempre più distanti, se non addirittura virtuali. E poi l’assenza dei valori di fondo, soprattutto il valore della conquista, anche delle cose più piccole. C’è una debolezza dilagante che spesso gli adulti costruiscono, in maniera anche inconsapevole, piano piano sui loro ragazzi. Una fragilità che caratterizza tanti, troppi bambini e adolescenti oggi”.
Nella tua esperienza di psicologa ma anche di operatrice della casa famiglia di Limosano segui diversi casi di minori in difficoltà o a rischio. Quali sono gli interventi che consideri più urgenti per loro?
“Oltre al potenziamento dei servizi di rete istituzionale a partire dal servizio di neuropsichiatria infantile che non regge il carico delle richieste, è importante continuare a diffondere lo strumento dell’affido. Obiettivo di ogni casa famiglia è fare in modo che ciascun minore ospite trovi una famiglia vera pronta ad accoglierlo e seguirlo. Cosa che come sai bene è successa pochissime volte con i ragazzi della casa famiglia Pinocchio prima e de Il piccolo Principe dopo”.
Certo, l’’affido familiare è un concetto difficile da far acquisire: lo abbiamo visto in tutti questi anni di attività e continuiamo a constatarlo ancora oggi. Come possiamo fare per inserire questo strumento nel Dna della nostra società? In che modo anche il tuo ruolo UNICEF può intervenire nel processo?
“Il tema va portato all’attenzione delle istituzioni, vanno realizzati progetti ed iniziative di sensibilizzazione. E soprattutto momenti formativi che aiutino a comprendere a fondo la natura dell’affido. Non va né sottovalutato né visto come un’operazione astrofisica da realizzare, un qualcosa che fa paura. Le persone vanno guidate ad una scelta consapevole, l’unica che ci può dare un po’ di garanzie di riuscita. Ma soprattutto, ripeto, bisogna parlare con la gente, spiegare, far conoscere e comprendere. Non abbiamo altra via che l’approccio diretto, capillare, col territorio. L’UNICEF, difensore d’ufficio di tutti i diritti dei minori, si colloca benissimo in questo: ha canali, strumenti e giusto peso per far comprendere quanto sia importante garantire ad un minore il diritto alla protezione e ad una crescita serena e il più possibile equilibrata”.
Credo di essere stata fortunata perché il Comitato UNICEF Molise è passato in ottime mani: da dove riprendi il percorso sinora seguito?
“Dai volontari, che ho trovato estremamente preparati e motivati, oltre che compatti ed energici. Sono loro e solo loro la forza della nostra missione, che mette al centro di ogni azione la Convenzione internazionale Onu, imprescindibile Vangelo per chiunque voglia difendere i sacrosanti diritti dell’infanzia e degli adolescenti. Siamo al lavoro per procedere nei diversi progetti nazionali o locali e per trovare ogni modo utile alla diffusione di una civile cultura dell’attenzione ai più piccoli”.