Cambiamenti climatici e vulnerabilità del Mediterraneo: cosa succede intorno a noi?

cambiamento climatico

Aumentano le ondate di calore e i nubifragi nel Mediterraneo, e le popolazioni europee e africane sono sempre più in pericolo. Il cambiamento climatico è ormai un problema che non può più essere ignorato, come suggerisce lo studio intitolato “Cambiamenti climatici e rischi interconnessi per sviluppo sostenibile nel Mediterraneo”, pubblicato sull’ultimo numero di Nature Climate Change dalla rete internazionali di scienziati guidata dal Prof. Dr. Wolfang Cramer dell’Istituto Mediterraneo per la biodiversità e l’ecologia.

La regione mediterranea è particolarmente vulnerabile perché si trova in una zona di transizione fra i regimi di circolazione atmosferica delle medie latitudini e della fascia subtropicale, inoltre è caratterizzata da una complessa morfologia di catene montuose, sono presenti forti contrasti terra-mare e la densità demografica è molto alta. Nel rapporto si legge che i tassi di cambiamento climatico osservati nel bacino Mediterraneo superano le tendenze globali, e il mutamento del clima ha esacerbato i problemi ambientali esistenti. In particolare, i cinque settori interconnessi presi in considerazione dalla ricerca, ossia risorse idriche, gli ecosistemi, la sicurezza e la sicurezza alimentare, la salute e la sicurezza umana, hanno fatto emergere alcuni dati preoccupanti.

Le temperature medie nel Mediterraneo sono aumentate di 1,4 ° C dall’era preindustriale: 0,4 ° C in più rispetto alla media globale. Pertanto, anche se il futuro riscaldamento globale è limitato a 2 ° C, come previsto dall’Accordo di Parigi, le precipitazioni estive potrebbero ridursi di circa il 10-15% nel Sud della Francia, Spagna nordoccidentale e Balcani, e del 30% in Turchia e Portogallo, favorendo così la carenza idrica esistente e diminuendo la produttività agricola. A causa dei cambiamenti climatici, le richieste di irrigazione nella regione mediterranea dovrebbero aumentare tra il 4 e il 18% entro la fine del secolo. Una percentuale che potrebbe salire con la crescita della popolazione, fino ad arrivare al 74%. Le catastrofi climatiche avrebbero poi un impatto maggiore sulle popolazioni più povere, che rischiano di essere sempre più dipendenti dalle importazioni e dalla produzione alimentare basata sugli animali. Le ondate di calore e l’inquinamento, secondo quanto è indicato nel rapporto, contribuiranno alla diffusione del virus del Nilo occidentale, del Dengue e della Chikungunya in aree sempre più vaste. Nei paesi politicamente instabili, il cambiamento ambientale favorirebbe infine un progressivo aumento delle carestie, incentiverebbe le migrazioni e potrebbe far sorgere nuovi conflitti.

“Questo documento suggerisce che i rischi posti dai cambiamenti climatici nel Mediterraneo sono stati sottostimati perché ciascuno è stato esaminato solo in modo indipendente, ma in realtà sono interconnessi e interagiscono con problemi sociali ed economici accrescendo i loro impatti, quindi devono essere tutti affrontati contemporaneamente e all’interno degli stessi vincoli finanziari”, ha chiarito il professor Michael Tsimplis della School of Law della City University di Hong Kong, che ha partecipato allo studio.