Siccità, piogge estreme in tutto il mondo, danni alla produzione agricola, rischi per le forniture alimentari. Sono questi alcuni effetti del riscaldamento globale causato dall’uomo. E a pagarne le conseguenze saranno soprattutto le popolazioni più povere di Africa e Asia, con guerre e migrazioni. A lanciare l’allarme è il nuovo rapporto dell’Ipcc dal titolo “Cambiamento climatico e territorio” redatto dal comitato scientifico dell’Onu sul clima, diffuso ieri.
Secondo il dati del rapporto, circa un quarto dell’area terrestre libera dal ghiaccio è soggetta al degrado indotto dall’uomo. Si stima che l’erosione del suolo nei campi agricoli convenzionali sia attualmente addirittura più di 100 volte superiore al tasso di formazione del suolo.
Già il rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul clima pubblicato nell’ottobre del 2018 avvertiva che, se il mondo non riduce subito l’emissione dei gas serra, nel 2030 il riscaldamento globale potrebbe superare la soglia di +1,5 gradi dai livelli pre-industriali. L’ultimo dossier, invece, si concentra sul rapporto fra il cambiamento climatico e il territorio, studiando le conseguenze del riscaldamento su agricoltura e foreste. E ci ricorda che anche con un riscaldamento globale a 1,5 gradi – come previsto dall’Accordo di Parigi – vengono valutati “alti” i rischi da scarsità d’acqua, incendi, degrado del permafrost e instabilità nella fornitura di cibo. Ma se il cambiamento climatico raggiungerà o supererà i 2 gradi, i rischi saranno “molto alti”. Con l’aumento delle temperature, la frequenza, l’intensità e la durata degli eventi legati al caldo, comprese le ondate di calore, continueranno a crescere.
“La gestione insostenibile della terra sta producendo una parte consistente della crisi climatica – sottolineano le associazioni della campagna Cambia la Terra (organizzata da FederBio con Legambiente, Lipu, Medici per l’ambiente e Wwf) – Secondo il rapporto Ipcc, il 23% delle emissioni di gas serra globali deriva dalla gestione agricola e forestale industriale. Ma è lo stesso rapporto a individuare alcuni dei rimedi per ristabilire la fertilità dei suoli ovvero la loro capacità di assorbimento del carbonio che rilasciato in atmosfera produce l’effetto serra”.
La risposta, nelle pagine che l’Intergovernmental Panel on Climate Change destina ai decisori politici, è individuata in forme di agricoltura meno impattanti sul suolo e sull’atmosfera.
“La gestione sostenibile del territorio, compresa la gestione sostenibile delle foreste, può prevenire e ridurre il degrado del suolo, mantenere la produttività del suolo e talvolta invertire gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul degrado del suolo. Può anche contribuire alla mitigazione e all’adattamento. La riduzione e l’inversione del degrado del suolo, su scala da singole aziende agricole a interi bacini idrografici, possono offrire vantaggi economici, immediati e a lungo termine alle comunità e supportare diversi obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) con co-benefici per l’adattamento e mitigazione” si legge nel rapporto stilato da 66 esperti. Che chiariscono cosa si intende per gestione sostenibile: l’agroecologia, la diversificazione delle specie da coltivare, le rotazioni di colture, l’agricoltura biologica.
“Il messaggio del rapporto dell’Ipcc indica chiaramente a tutti la strada da percorrere. Sarebbe un errore tradire l’evidenza a cui è giunta la comunità scientifica”, dicono le associazioni che sostengono il progetto Cambia la Terra, la campagna di mobilitazione per dire no ai pesticidi e sì alla biodiversità. Le associazioni ambientaliste sostengono che l’agricoltura intensiva è un modello non più sostenibile. Invece, con l’agroecologia si potrà percorre una delle strade per affrontare quella che si delinea come una vera e propria emergenza ambientale e umanitaria. Restituire fertilità al suolo, come fa l’agricoltura biologica, è un’arma efficace per combattere il declino ambientale.