E’ molto piacevole per noi parlare di notizie che con i contenuti del nostro magazine hanno in comune spirito sociale e linguaggio culturale. Questa è la storia di quattro amici venafrani che decidono di stare insieme recitando, creando un legame molto stretto col teatro sociale amatoriale, il quale si occupa di persone con disagi psichici e fisici.
Achille Mosca, Elvio Fascia, Rosa Peschiera e Adriano Cimino, per diletto, da meno di un mese hanno fondato la compagnia teatrale ‘Voci dal proscenio’, il cui scopo principale è dedicarsi al benessere umano sotto tutti gli aspetti: divertirsi e divertire attraverso la recitazione, ma soprattutto interagire con il proprio pubblico.
«Abbiamo portato i nostri spettacoli in luoghi alternativi, assegnando loro una forte connotazione sociale – ha affermato Achille Mosca, attore e regista della compagnia Voci dal proscenio –. Ci siamo esibiti in strutture che ospitano anziani e persone con disagi, riuscendo ad ottenere il coinvolgimento significativo del pubblico, che è diventato protagonista delle recite. È stata una esperienza che ci ha davvero arricchito».
Grandi consensi, infatti, hanno avuto le repliche degli spettacoli della neonata associazione teatrale messi in scena durante questo dicembre che ha rappresentato due atti unici: «’A livella» e «La sceneggiata».
Il primo atto è la riproposta della celebre poesia di Antonio De Curtis (Totò), interpretata da Francesco Giorgio (narratore), Adriano Cimino (il netturbino Esposito Gennaro) e Achille Mosca (il Marchese di Rovigo e di Belluno). Il secondo atto è un lungo sketch tratto dal repertorio del trio ‘La Smorfia’ (Massimo Troisi, Lello Arena, Enzo Decaro) e affidato per l’occasione agli stessi Achille Mosca (don Gennarino Parsifal), Francesco Giorgio (chitarrista e narratore) e Adriano Cimino (Ciro il napoletano).
Oltre ai già menzionati Mosca, Giorgio e Cimino, hanno contribuito alla riuscita delle repliche l’aiuto regista Rosa Peschiera, la presentatrice Maria Biasiello e i collaboratori di scena Elvio Fascia e Antonella Cataldo.
«Impegno e dedizione sono gli ingredienti che occorrono per affrontare questo tipo di spettacolarizzazione sociale, di certo non più impegnativa di ogni altro qualsiasi genere teatrale esistente. A noi piace recitare e questa passione per il teatro ci spinge a trasmettere il nostro entusiasmo ai nostri spettatori. E’ un dare e ricevere, uno scambio continuo, lanciamo un messaggio che viene recepito in maniera straordinaria e corretta, il riscontro è tangibile. E’ una forza sinergica senza pari quella che avviene tra di noi e con il pubblico».
Per questo il genere spettacolare sociale deve essere fortemente tutelato ed incentivato, poiché anche se non ci riguarda in prima persona, colpisce dritto al centro l’animo di chi assiste alla performance.