Allevamenti intensivi e i rischi per l’ecosistema

Allevamento intensivo - Allevamento intensivo inquinamento

Chiusi in gabbie, costretti a vivere in spazi stretti o al buio. Uccisi a martellate e colpiti con tubi di ferro. Sottoposti a mutilazioni, come il taglio della coda, del becco o della troncatura dei denti. La vita degli animali negli allevamenti intensivi è un inferno: non vengono trattati come esseri senzienti, ma come macchine da produzione che devono soddisfare le richieste del mercato. Gli allevamenti intensivi non sono un pericolo soltanto per gli animali. La loro presenza condiziona fortemente la qualità dell’ambiente e dell’ecosistema.

A rilevarlo è Greenpeace tramite le analisi delle acque condotte nel periodo compreso fra giugno e luglio 2018 in dieci paesi dell’Unione europea.

I dati pubblicati nel rapporto “Il costo nascosto della carne” indicano che in 23 casi su 29 dei diversi corsi d’acqua analizzati sono stati rilevati complessivamente 21 farmaci diversi, 17 erano antimicrobici, dei quali tutti antibiotici. In particolare la dicloxacillina era presente nei due terzi dei campioni analizzati, la sulfametossipridanzina e la sulfachinossolina, due antibiotici per esclusivo impiego veterinario, erano visibili in 14 dei 29 campioni. In tutti i prelievi è stata riscontrata la presenza di pesticidi, su un totale di 104 almeno 28 sono quelli vietati dall’Ue. In particolare nel canale Wulfdambeek, in Belgio, lo stesso campione conteneva il numero più elevato di residui chimici e la più alta concentrazione di pesticidi.

La metà dei campioni esaminati, inoltre, presentava livelli di nitrati superiori alla soglia considerata sicura per gli organismi acquatici più vulnerabili, anche se le concentrazioni erano inferiori al limite Ue di 50 mg per litro oltre il quale i governi devono intervenire per proteggere fiumi, laghi e vita acquatica.

Secondo il rapporto di Greenpeace, gli allevamenti intensivi sono un pericolo anche per la salute umana, e la principale fonte di preoccupazione è la resistenza antibiotica, che potrebbe impedire la cura di alcune malattie. Con degli effetti negativi anche sulla qualità della carne e del latte. E lo scenario diventa allarmante se pensiamo che nell’Unione europea vengono prodotte circa 47 milioni di tonnellate di carne, vale a dire circa 1,8 kg alla settimana per ogni abitante, e oltre 150 tonnellate di latte vaccino, circa 6 litri a testa alla settimana.

Per quanto riguarda l’Italia, le analisi sono state condotte principalmente in Lombardia, che ospita oltre la metà della popolazione nazionale di suini. Nelle province di Cremona, Mantova e Brescia i campioni di acqua sono stati prelevati da una roggia e da due canali irrigui. In totale sono stati rilevati 12 differenti farmaci veterinari. Nella Roggia Savarona (BS) sono stati rilevati 11 diversi tipi farmaci, 7 dei quali antibiotici: il numero più alto trovato in un singolo campione nel corso della presente indagine. Complessivamente sono stati rilevati 30 diversi pesticidi, 9 dei quali non più autorizzati in Ue.

I dati presentati nel rapporto confermano che la politica agricola comune (PAC) dovrà essere sottoposta a revisione. Per cinquanta anni i sussidi pubblici sono stati erogati senza tener conto dell’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute della produzione di carne e prodotti lattiero-caseari sempre più industrializzata. E non è un caso che nell’ultimo decennio il numero di allevamenti di pollame e suini altamente inquinanti è aumentato del 31%, arrivando a oltre 6.500 aziende agricole. Sulla base di quanto è emerso dai vari test, Greenpeace invita le istituzioni europee a sostenere con il denaro pubblico quegli agricoltori che adottano metodi ecologici per coltivare in modo sano, diversificato e sostenibile, e quelle aziende che allevano il bestiame in modo ecologico, limitandosi a produrre solo la quantità di carne e prodotti lattiero-caseari che il pianeta è in grado di sostenere.