Negli ultimi anni si sente spesso parlare dell’olio di palma, un ingrediente che nel tempo ha soppiantato la margarina ed è oggi presente in prodotti da forno, creme spalmabili, zuppe, (alcuni) piatti pronti e persino nei prodotti per la prima infanzia. Fa male? Dobbiamo smettere di usarlo? La sua coltivazione è insostenibile per il pianeta? Finalmente a porre fine a tutte le questioni che hanno fatto dell’olio di palma uno degli ingredienti più criticati dell’industria alimentare, ci ha pensato il ministero della salute. L’olio di palma ci espone a un rischio più alto di avere un infarto o un ictus ischemico né più né meno di quanto succede con gli altri grassi saturi. L’Istituto Superiore di Sanità tuttavia, ha individuato nei bambini, negli anziani e negli obesi i “target” più sensibili. In altre parole, l’ISS considera questi soggetti “maggiormente vulnerabili” rispetto alla popolazione generale e a loro, in quanto tali, è diretto il consiglio di seguire una dieta il più possibile variegata e ricca di alimenti (pesce e frutta secca) in grado di apportare gli acidi grassi “buoni” (polinsaturi). Allo stesso tempo il consiglio dell’Istituto è di limitare, in generale, l’apporto di grassi saturi contenuti non solo nell’olio di palma ma anche naturalmente in alimenti come il latte, i formaggi, le uova e la carne. Ma se in questi casi la quota lipidica è ottenibile attraverso la banca dati degli alimenti, nel caso dell’olio di palma la difficoltà sta nel misurare la quota che quotidianamente si assume attraverso la dieta. L’apporto di grassi saturi non dovrebbe superare il 10% dell’introito calorico giornaliero di ogni individuo, ma in realtà oggi è più alto sia negli individui (11%) sia nei bambini (12%). Stante la difficoltà di “pesare” con esattezza quanti grassi saturi assumiamo ogni giorno, per farci un’idea possiamo tenere presente che l’olio di palma è composto per il 50% di acidi grassi saturi (quasi esclusivamente acido palmitico). La restante quota è costituita da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e polinsaturi (acido linoleico). Del tutto assente il colesterolo. L’olio di palma non ha alcuna caratteristica che lo possa rendere meno raccomandabile di un qualunque altro alimento o ingrediente che apporta grassi saturi alla dieta. Può dunque far parte a pieno titolo della nostra alimentazione. Che fare dunque? Dobbiamo ridurre il consumo di prodotti confezionati e dare la preferenza ai cibi freschi. E leggere sempre l’etichetta. Tenete presente che tutti i grassi saturi, non solo quelli contenuti nell’olio di palma, non fanno bene. Scegliete i cibi che ne contengono pochi o che hanno una maggiore percentuale di grassi insaturi, come quelli dell’olio d’oliva, che sono molto meno dannosi. Se la confezione non riporta il contenuto in grammi, potete farvi un’idea guardando la lista degli ingredienti: sono elencati in ordine decrescente in base alla quantità.
Dott.ssa Sonia Stroia – Biologa nutrizionista
Specialista in consulenza alimentare e medicina naturale