Raddoppiano i celiaci, in Italia sono quasi un milione

    La celiachia è in continuo aumento. Dopo 20 anni, la stima secondo cui ne soffrirebbe l’1% della popolazione, circa 600.000 persone, è da rivedere al rialzo:  in alcune aree metropolitane, infatti, sta sfiorando il 2%, quasi un milione di casi.

    Secondo gli esperti riuniti all’ottavo Convegno Annuale ‘The Future of Celiac Disease’ dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC), ci sarebbero  cause ambientali non ancora individuate alla base dell’incremento dei casi. Cresce inoltre la necessità di diagnosi tempestive nei sempre più numerosi “pazienti camaleonte”, in cui la malattia si presenta con sintomi insoliti come afte ricorrenti in bocca, un’orticaria fastidiosa, l’anemia o le irregolarità mestruali.

    Gli esperti propongono test del sangue mirati almeno su pazienti ricoverati in reparti come ginecologia, pediatria, medicina interna per individuare prima possibile i casi che resterebbero sotto silenzio perché si presentano con sintomi sfuggenti.

    Alla luce del nuovo studio in Italia mancherebbero all’appello circa l’80% dei celiaci. In molti adulti con segni meno usuali si può aspettare anche più di 6 anni per ottenere una diagnosi.

    “Fino a poco tempo fa ritenevamo che la prevalenza di celiachia fosse in aumento solo per la nostra migliore capacità diagnostica, ora un nuovo studio mostra un incremento sostanziale dei casi – spiega Marco Silano, coordinatore board scientifico AIC e Direttore Unità Operativa Alimentazione, Nutrizione e Salute, dell’Istituto Superiore Sanità – La rapidità dell’aumento fa pensare che a causarla siano fattori ambientali: sono al vaglio ipotesi come le infezioni virali, non solo intestinali, o l’uso dell’enzima transglutaminasi nei cibi pronti al consumo, oppure ancora l’uso di antibiotici nella prima infanzia, la quantità di glutine nello svezzamento o un microbioma che favorisca la patologia. Inoltre, l’età media in cui si manifesta la celiachia sta salendo e stanno cambiando anche le modalità cliniche con cui si presenta: i pazienti con segni classici come la diarrea sono pochi, occorre perciò cambiare approccio e cercare i celiaci in tutte quelle categorie di pazienti che per esempio presentano sintomi di osteoporosi, anemia, turbe della fertilità, colon irritabile”.

    Mancano all’appello molti pazienti che avendo sintomi meno evidenti si trascinano per anni senza una diagnosi corretta, che in alcuni casi arriva addirittura a 70 anni.

    “È perciò essenziale impegnarci per diffondere consapevolezza sui segni meno scontati della celiachia, fra i pazienti e anche fra pediatri, medici di medicina generale ma soprattutto specialisti come dentisti, ginecologi, ortopedici, ematologi che finora non sono stati in prima linea nel riconoscere l’intolleranza al glutine ma che potranno diventare medici-sentinella per riconoscere i pazienti camaleonte – ha chiarito  Silano – L’ideale sarebbe andare attivamente a cercare i pazienti nelle categorie a rischio, per esempio cercando gli anticorpi antitransglutaminasi in tutti i ricoverati in reparti ospedalieri come ostetricia, pediatria, medicina interna o sottoponendo ai test donne con turbe della fertilità o aborti ricorrenti. Dovremmo infine realizzare una sorta di elenco di sintomi, da quelli più classici e tipici a quelli che adesso vediamo correlati con la celiachia, come la tiroidite autoimmune: tutti i pazienti che li manifestassero andrebbero sottoposti agli esami sierologici”.

    La diagnosi precoce di celiachia è una forma indispensabile di prevenzione delle possibili conseguenze della malattia ed è perciò fondamentale: il celiaco inconsapevole che assume glutine si espone infatti in rari casi a complicanze anche gravi e irreversibili.

    “Il modo di fare diagnosi potrebbe cambiare in futuro: a oggi nell’adulto la biopsia che confermi la celiachia è essenziale per escludere la presenza di altre patologie più gravi, in un prossimo futuro potrebbero bastare esami immunologici sul sangue – ha aggiunto Silano – Ci sono infatti studi interessanti sulla cosiddetta “biopsia liquida”, un esame del sangue che predice la presenza del danno alla mucosa intestinale: viene utilizzato in oncologia, ma potrebbe essere applicato anche alla celiachia”.

    In attesa di novità sul fronte della semplificazione delle diagnosi, l’Associazione Italiana Celiachia guarda avanti e contribuisce a disegnare un futuro migliore per i pazienti, in modo da agevolare e rendere meno costosa la dieta senza glutine che in Italia è erogata dallo Stato. “Le Regioni e Province autonome sono impegnate in un importante programma di digitalizzazione dell’assistenza ai celiaci che modernizza, semplifica e rende più economico il trattamento essenziale dei pazienti – ha  dichiarato Giuseppe Di Fabio, Presidente AIC – Un obiettivo unico nazionale da realizzare però a livello locale: da anni sensibilizziamo le amministrazioni, con non poche difficoltà di coordinamento, per portare il bonus digitale a termine in tutta Italia. L’eccellenza della sanità pubblica italiana, diritto universale per tutti i cittadini e bene prezioso, deve essere resa più efficiente e moderna proprio per non rischiare di perderla a causa di sprechi e inefficienze”.