La scuola è davvero un iceberg alla deriva? Qualche spunto di riflessione

Molti sono gli interrogativi che in queste ultime settimane affollano la mia mente, quella di un semplice addetto ai lavori quale insegnante di scuola secondaria superiore, uno su tutti: ma la valutazione finale per gli studenti, è la certificazione di conoscenze, competenze acquisite? O una sorta di dono-lascia passare per la classe successiva? O per la maturità?

La scuola italiana nasce quale “progetto” sociale, nel senso che alfabetizzare le masse, era divenuto oramai un principio sociale, da non confondersi con quello democratico, ma al più liberale.

Giusto il medesimo principio su cui sorge lo stesso Stato monarchico italiano il 17 marzo del 1861.

Cosa desidero sottolineare con questa riflessione storico-politica?

Che da allora ad oggi, 2020, la scuola ha assunto un valore ben più democratico, sempre che la accezione implichi la consapevolezza secondo cui, tutto ciò che rientra nella definizione di “democratico” si porta dietro il concetto di sovranità del popolo e non del diritto inteso alla luce del concetto di “liberale”.

Il popolo sovrano, designa i propri rappresentanti i quali poi dovranno governare, più o meno in linea con quella che è la nostra idea di politica, o meno.

Un’ordinanza ministeriale, può rispecchiare, nel senso appena descritto sopra, la volontà del popolo?

Sì e no!

Anzi, nel caso di quella di cui oggi parlerò in questo spazio, non credo proprio o, almeno, lo è per una minoranza e magari nemmeno per gli addetti ai lavori, ma di quella fascia di popolazione che ne è direttamente interessata per gli effetti che la stessa ha sulle loro esistenze, sulla loro quotidianità, di studenti e genitori.

Insegnanti e docenti, maestri della primaria, mi piace ancora definirli così, da queste ultime ordinanze ministeriali, in apparenza volte a risollevare la scuola post emergenza,  ne possono solo ricevere la frustrazione e l’impotenza, che saranno ferite incurabili per la dignità e la professione docente.

La scuola non ha certo colpe né dirette né indirette circa le cause del COVID-19.

Anzi, l’emergenza, che ha visto fermarsi per oltre due mesi e mezzo l’intero Paese, ha costretto la popolazione studentesca, quella degli insegnanti e di tutto il personale scolastico, ad uno sforzo incredibile per far fronte, anzitutto allo svolgimento di tutte le attività scolastiche, tra cui in prevalenza quella della lezione a distanza, in cui semmai la scuola, e gli stessi discenti, avrebbero dovuto essere premiati, rispettandone la dignità e dando valore al loro impegno o al loro disimpegno, consentendo così una valutazione equa e non sommaria, frutto di un egualitarismo inutile e dannoso.

Ed invece, non solo il Ministero dell’istruzione si assicura la promozione di tutti gli alunni e studenti alla classe successiva, anche con insufficienze in una o più materie, teoricamente anche in tutte. Esponendo così, il gruppo classe e lo stesso corpo docenti ad un rientro caotico e complesso davvero senza precedenti!

Ovviamente, come si può intuire, gli esami di recupero di fine agosto per quest’anno sono aboliti, tutti direttamente promossi alla classe successiva ma, non senza recupero.

Prendiamo un’ipotetica classe terza liceo, composta da venticinque studenti, che a settembre sarà una quarta.

Quale potrebbe essere la situazione di partenza per gli studenti, a cui gli insegnanti dovranno evidentemente porre rimedio?

Proviamo ad ipotizzare una situazione di partenza in cui a dover recuperare, non siano cinque o sei studenti, ma almeno la metà e non in una o due materie, ma tre o quattro.

Primo settembre 2020, ha inizio l’anno scolastico 2020-21.

I primi dieci giorni sono dedicati, solitamente, per tutti gli adempimenti che consentono di programmare l’avvio delle lezioni, orientativamente tra il dieci e il quindici, dunque metà mese.

La scuola, in condizione di normalità, condizione opinabile certo, ha tutti gli studenti, più o meno, ai blocchi di partenza in una situazione, almeno dal punto di vista formale, che può dirsi di “parità”.

L’insegnante conosce bene, generalmente, i propri studenti. Ne sa pregi e difetti e questo rende viva e dinamica la relazione tra gli studenti e l’insegnante, il quale ha annotato nel proprio taccuino insufficienze significative o lievi ma anche valutazioni eccellenti da non trascurare.

Quel che egli ha annotato, non sempre, tranne che per le valutazioni oltre la sufficienza, corrisponde alla realtà dei fatti. Ciò dipende da una osservazione competente dell’insegnante, il quale attua strategie personalizzate e in relazione ai tempi dello studente, oltre che ai propri, per consentire al discente il recupero nella materia di insegnamento.

Sono queste, le procedure più o meno consolidate e comunque non scritte a cui ogni insegnante, conscio dei ritmi complessi e sin troppo burocratizzati della scuola, fa appello per non appesantire lo studio, e dunque il lavoro degli studenti.

I decreti delegati 1974 e l’attuale normativa vigente in materia di istruzione e inclusione scolastica dell’aprile 2017,

Complici, purtroppo e paradossalmente, sono i meccanismi di tutela, apparentemente di tutela, del diritto allo studio generalmente esercitati dai genitori, vedasi che di scuola ne sanno poco o quasi niente, non perché stupidi ma, perché non addetti ai lavori.

L’autonomia scolastica, a mio parere, non ha  resa più libera la scuola, ma semmai l’ha legata a meccanismi che ne dettano ritmi e, il più delle volte, anche contenuti, a svantaggio evidentemente degli stessi discenti e della professione docente.

Ora in che situazione ci troviamo a fine anno scolastico?

Con la nota ministeriale sulla valutazione finale per gli alunni e gli studenti della scuola di primo e secondo grado, gli insegnanti d’ogni ordine e grado della scuola italiana si sono visti recapitare nella cassetta postale, in senso figurato, le modalità per applicare un giudizio, che se pure mascherato, vede tutti i discenti promossi alla classe successiva.

È la prima volta che l’insegnante si sente sussurrare nell’orecchio “qualunque sia il tuo giudizio, tutti promossi! Capito?”

Ed è notizia di queste ultime ore, la Ministra esulta per il decreto sulla scuola, nel quale si legge che: “Su richiesta della famiglia, il proprio figlio può essere bocciato, laddove ricorrano le condizioni”, sempre in aggiunta alla richiesta della famiglia, aggiungo io.

Ma torniamo al tema della valutazione.

Dunque, il giudizio dell’insegnante, dovrà essere realistico, ma non dovrà pregiudicare il passaggio, ancorché negativo, insufficiente, alla classe successiva.

Una mano sulla spalla dell’insegnante al quale si raccomanda di fare il bravo e di chiudere non uno ma entrambi gli occhi, tanto poi avrà tempo per guidare l’alunno o studente verso il successo degli apprendimenti.

Lo potrà fare mediante la stesura, condivisa con il consiglio di classe, sia del Piano dell’Apprendimento individuale e del Piano Integrativo degli Apprendimenti.

Questo percorso di recupero, si legge sempre nella nota ministeriale di riferimento, potrà estendersi ai mesi successivi l’inizio dell’anno scolastico, dunque sino a novembre-dicembre o per l’intero anno.

Insomma, il caos!

E la programmazione dell’anno scolastico 2020-21?

A questo la Ministra dell’istruzione, troppo impegnata a garantire la promozione a tutti, non solo non ci ha pensato, ma non ha alcuna risposta perché manca di ulteriore fantasia per poter immaginare una ipotetica soluzione, utile e necessaria, a questo punto, per evitare che venga compromesso l’intero anno scolastico.

Volutamente evito i tecnicismi della nota ministeriale che, pur non palesati nella stessa, chi è del mestiere, sa bene di dover tenere in debito conto, anzitutto per il bene degli alunni o studenti con carenze significative.

I ferri del mestiere, l’insegnante li conosce, meno i genitori e la società.

E la Ministra, quale ex insegnante sul sostegno didattico, li conosce i ferri del mestiere?

Se i genitori, la società non hanno cognizione alcuna dei meccanismi, che regolano il percorso di istruzione dei propri figli, nonostante i decreti delegati dei primi anni settanta, ciò è comprensibile. Ma che sfuggano o peggio non siano chiari alla stessa inquilina di viale Trastevere, non è accettabile.

La Ministra fa scrivere nella nota:

“(Progettazioni e criteri di valutazione)

  1. I docenti contitolari della classe e i consigli di classe aggiornano, ove necessario, le

progettazioni definite a inizio anno scolastico, al fine di rimodulare gli obiettivi di apprendimento, i mezzi, gli strumenti e le metodologie sulla base delle intervenute modalità di didattica a distanza imposte dalla contingenza sanitaria internazionale e individuano, per ciascuna disciplina, i nuclei fondamentali e gli obiettivi di apprendimento non affrontati o che necessitano di approfondimento, da conseguire attraverso il piano di integrazione degli apprendimenti di cui all’articolo 6.”

Ma, hanno idea di cosa questo comporti per un consiglio di classe?

Hanno forse rimosso che la programmazione disciplinare, oltre essere condivisa, solitamente col dipartimento di riferimento, deve passare per il collegio docenti, laddove questa riguardi casi, per esempio di “inclusione scolastica”?

Segue:

Spetta al singolo docente, quale volontà e al consiglio di classe, espressione democratica del corpo scolastico, rimodulare gli stessi programmi per poi intervenire singolarmente su ogni alunno o studente con carenze disciplinari, e magari non solo, aggiungo io.

L’Ordinanza ministeriale concernente le procedure e gli strumenti per la valutazione recita:

Finalità e definizioni, definisce specifiche misure sulla valutazione degli esiti finali di apprendimento degli alunni frequentanti le classi del primo e secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2019/2020 e sulle strategie e modalità dell’eventuale integrazione e recupero degli apprendimenti ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22.

La finalità dell’ordinanza è quella di garantire il passaggio alla classe successiva a tutti, indistintamente pur conservando di ciascuno pregi e mancanze.

Infatti, dovranno essere messe in campo tutte le strategie affinché l’alunno o studente possa perseguire un recupero delle carenze.

Pensiamo solo ad un nuovo acronimo che nuovo non è, ma avrà valore didattico differente, mi riferisco al PAI, piano dell’apprendimento individualizzato.

Da non confondere con il PAI, piano annuale per l’inclusione, oggi parte del PTOF, piano triennale dell’offerta formativa d’Istituto.

Ed intanto, oggi, 17 giugno, mentre il Governo è impegnato in un confronto con gli stati generali dell’economia del Paese Italia, ancora non abbiamo idea di quando torneremo tra i banchi a settembre, secondo quale modalità e quali saranno le condizioni in cui dovremo operare noi insegnanti e che tipo di lezione dovranno vivere i nostri discenti.

Questa nostra scuola, che sul Corriere della sera viene definita “ICEBERG” dal giornalista Carlo Verdelli, sta galleggiando in un oceano senza più alcun controllo. E come tutti corpi galleggianti sull’acqua, senza una meta verso cui andare, prima o poi andrà a sbattere con tutto il suo carico d’esseri umani, di cui nessuno saprà nulla.

Marco Condidorio

(Insegnante e direttore scientifico dell’I.Ri.Fo.R Molise)