Alzheimer, nuovo studi mettono in correlazione l’impatto emotivo sul malato con l’efficacia delle cure. In altre parole, secondo recenti studi pubblicati sulla rivista Cognitive and Behavioral Neurology (Guzmán-Vélez E., Feinstein J., Tranel D., 2014) è molto importante non rivolgersi in maniera aggressiva o con un tono negativo verso persone affette da demenza alzheimer perché anche se non godono più di buona memoria percepiscono la parte emotiva. Un sollecito per i professionisti e i caregiver (coloro che hanno in carico un malato) per l’approccio verso questi pazienti che appaiono fisicamente sani, ma nell’arco della malattia arrivano a non sapere più come scrivere, parlare e riconosce i familiari. In loro viene meno la coscienza estesa, quella che permette all’individuo di percepirsi come il protagonista della propria vita (coscienza autobiografica), ma resta intatto l’elemento che ci permette loro di comunicare attraverso le emozioni. L’approccio che si utilizza nei loro confronti ha una profonda influenza sullo stato emotivo: “I pazienti –recita la sintesi dei risultati – possono non ricordare la recente visita di una persona cara o di essere stati trascurati dal personale in una casa di cura, ma tali azioni possono avere un impatto duraturo su come si sentono”.
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