Prima di spiegare perché sia importante l’attività di animazione all’interno di una Residenza Sanitaria Assistenziale è importante comprendere chi sia l’ animatore socio-culturale e di che cosa si occupi.
Attorno agli anni ‘80 è nata la necessità di avere dei professionisti accuratamente preparati nel campo dell’animazione per un uso creativo e consapevole del tempo libero, della partecipazione e del ripristino dei ruoli sociali.
Si è andata quindi delineando la figura dell’ animatore socio-culturale, un professionista che, attraverso le attività ludico-espressive e creative, stimola e promuove la partecipazione in contesti sociali e lo sviluppo delle potenzialità delle persone, dei gruppi e delle comunità territoriali in particolare in contesti di disagio e fragilità.
Un animatore lavora a diretto contatto con le persone, si occupa degli aspetti organizzativi e cura anche la programmazione utilizzando appropriati progetti educativi, ricreativi e culturali al fine di contribuire al miglioramento della qualità della vita dei soggetti coinvolti.
Si rivolge dunque a diverse tipologie di utenti, ma gli ambiti principali di intervento fanno riferimento a tre principali aree:
- area assistenziale e sanitaria, all’interno di servizi residenziali e semi-residenziali e nell’ambito di progetti di prevenzione, cura, riabilitazione ed assistenza;
- area educativa, nell’ambito di progetti e servizi di carattere più prettamente educativo, espressivo e/o ludico;
- area culturale, all’interno di progetti e servizi di carattere culturale e comunicativo.
L’ animatore sociale è una figura emergente che può trovare collocazione in istituzioni pubbliche e private come servizi residenziali e territoriali per anziani (ad esempio strutture protette, case di riposo e centri diurni), servizi per l’infanzia e l’adolescenza (come le comunità per minori, i centri di aggregazione giovanile, le case di vacanza, i centri ricreativi e le ludoteche), servizi per soggetti con disabilità psichiatriche e psico-fisiche di diverse età, servizi di animazione di strada e servizi di prevenzione nell’ambito delle tossicodipendenze.
Quando lavora all’interno di organizzazioni si confronta costantemente con le figure professionali che operano presso le diverse strutture: i responsabili, i coordinatori di sede, gli assistenti sociali e altri.
Un animatore può gestire direttamente le attività o coinvolgere altre figure professionali su interventi specifici per realizzare particolari laboratori creativi, attività motorie, uscite e spettacoli, attività educative ed iniziative legate ad eventi particolari o stagionali.
I professionisti che svolgono l’attività di animatore di conseguenza devono possedere conoscenze di base di psicologia, pedagogia e sociologia con riferimento agli aspetti cognitivi e di interazione tra le persone.
Devono essere in grado di osservare i comportamenti individuali e di gruppo, rilevare i bisogni e valutare l’efficacia degli interventi, programmare e realizzare diverse attività e instaurare e favorire le dinamiche di gruppo e le relazioni interpersonali gestendo eventuali conflitti che potrebbero insorgere.
E’ inoltre indispensabile la conoscenza specifica delle problematiche legate alle fasi di sviluppo e crescita, alle diverse fasi della vita ed alla “diversità” per poter dialogare efficacemente con bambini, con persone anziane e con disabili.
Il metodo animativo può essere quindi descritto come quell’insieme organizzato di azioni che ha come finalità principe la promozione del benessere soggettivo e dell’incremento della qualità di vita delle persone, mirando ad accrescere la vitalità, l’espressione personale e la partecipazione sociale.
Proprio da questo aspetto è possibile comprendere quanto sia importante la figura dell’ animatore in contesti di residenzialità come le case di riposo dove l’anziano si trova improvvisamente costretto a fare i conti e confrontarsi con una nuova immagine di sé differente dal passato perché non più attivo a livello lavorativo o affetto da patologie invalidante che lo rendono non autosufficiente.
Scoprire di non poter più contare su alcune capacità considerate importanti fino a poco tempo prima può far insorgere sentimenti di smarrimento, delusione e persino depressione con conseguente ritiro sociale; tali vissuti influiscono negativamente sulla qualità di vita percepita con conseguenze molto gravi anche sul benessere fisico.
Inoltre non bisogna dimenticare l’aspetto dell’istituzionalizzazione e dell’allontanamento dal proprio contesto famigliare in particolare dalla propria abitazione; questi sono elementi particolarmente cari a soggetti che ormai si trovano nell’ultima fase della vita.
Vivere vissuti di abbandono e reclusione forzata, infatti, genera spesso comportamenti di isolamento o rabbia.
Accade spesso nelle residenze per anziani che l’ospite sia trattato solo come un numero, le cui necessita sono solo quelle di essere lavato, nutrito e curato dalle patologie di cui è affetto. Così facendo ci si dimentica di avere a che fare con persone che hanno il diritto di essere trattate come esseri umani, che possono ancora dare e insegnare qualcosa.
Essere animatore in una casa di riposo significa, allora, esprime, tirar fuori ciò che si ha e si è, creare un ambiente stimolante e fornire le occasioni alla persona anziana di rimettersi in gioco e riscoprire un nuovo sé, sentirsi ancora utile, capace di fare e di essere. Attraverso una relazione d’aiuto si può promuovere l’impegno e attivare un processo di ricerca per scoprire un ruolo attivo nella vecchiaia.
Tutto inizia con l’ascolto, solo con una comprensione empatica e una conoscenza profonda dell’anziano che si ha davanti in quel preciso momento è possibile instaurare una relazione di fiducia e stima reciproca che porterà ad intraprendere il nuovo cammino.
Si lavora sui bisogni, sulle aspettative e sulle possibilità di ognuno nel rispetto dell’unicità, inventando e scoprendo nuove abilità e nuove strade per arrivare ad un traguardo. E’ fondamentale per l’ animatore far scoprire alla persona la sua capacità di essere sociale che si realizza nel rapporto con gli altri, con l’ambiente in cui vive, facilitare e promuovere la socializzazione e favorire un più ampio senso di padronanza del sé e dell’ambiente.
A volte, però, la comunicazione risulta compromessa (soprattutto in casi di grave disabilità cognitiva come le demenze) quindi l’ animatore dovrà “semplicemente” stimolare le poche capacità relazioni e le minime abilità residue, talvolta senza poter raggiungere il traguardo sperato.
In questi casi è importante sostenere e aiutare l’anziano durante il percorso standogli accanto, ma senza mai sostituirsi a lui in quanto spesso è più importante e produttivo il cammino percorso dell’effettivo risultato raggiunto.
Quando non viene più utilizzata la parola, l’ animatore socio-culturale utilizza tecniche alternative e si sposta su registri non verbali come il contatto corporeo e le emozioni; deve essere in grado di cogliere ed osservare elementi non “visibili” ad altre figure professionali, elementi di complessa lettura, deve entrare nella sfera dell’affettività. Solo attraverso l’ accoglienza e soprattutto l’ affettività si può trasformare un istituto in una casa.
A tal proposito, queste le parole di Marina Indino, Direttore Generale Area Tecnica ed Operativa di Villaggio Amico.
“Tutto il progetto educativo/animativo di Villaggio Amico fonda le sue basi su presupposti come:
– l’individuo e la sua globalita’
– la persona come essere sociale
– l’anziano come persona attiva
Per la persona anziana il bisogno di appartenenza al territorio e’ importante, si sente ancora facente parte di un progetto che lo coinvolge e lo motiva sia all’interno che all’esterno della struttura.
Presso La nostra realta’ abbiamo potuto toccare con mano quanto l’attivita’ educativa abbia contribuito a migliorare la qualita’ di vita degli ospiti, portando nella maggior parte dei casi ad un piu’ facile raggiungimento degli obiettivi individuali.
I progetti hanno portato anche ad un beneficio delle famiglie, coinvolte nelle diverse attivita’ che mirano ad un maggior avvicinamento della famiglia stessa, ad una condivisione dei successi ed a momenti di semplice condivisione di esperienze.
Ogni anno il piano educativo viene rivisto e integrato con nuove attività’ in base alle esigenze e al modificarsi delle realta’.”
Dott.ssa Ilaria Valentina Di Sante di Villaggio Amico