UN VILLAGGIO A MISURA DI ALZHEIMER

UN VILLAGGIO A MISURA DI ALZHEIMER

Non sono persone da medicalizzare, ma esseri umani con capacità residue. Questo è il pensiero dei professionisti olandesi. Sulla base di questa ideologia decidono di mettere su un servizio che ripropone uno stile di vita reale per malati Alzheimer. “Vivium zorggroep Hogewey” è il nome della casa di cura olandese. La struttura è progettata come un quartiere con 23 case, strade e strutture in un paese di diciottomila abitanti a diciassette chilometri da Amsterdam. Gli anziani hanno la loro camera da letto spaziosa, condividono cucina, soggiorno e sala da pranzo. Ogni unità ha due bagni e una lavanderia con lavatrice e asciugatrice. All’interno del “villaggio”, gli anziani sono liberi di muoversi come meglio credono. Possono anche uscire, ma per la loro sicurezza vengono accompagnati. De Hogeweyk non ha telecamere, solo una reception, unico ingresso dal quale si deve obbligatoriamente passare con controllo acustico che entra in funzione automaticamente alle 22. All’interno dell’alloggio gli ospiti possono fare la spesa, cucinare e anche fare il bucato con la supervisione e l’aiuto del team. Giornalmente vengono organizzati “club” di spettacoli, concerti e gite. Sul boulevard centrale si affacciano la “Mozartzaal”, dove si ascolta musica classica sorseggiando un tè, un “salone di bellezza” (parrucchiere) e la sala di fisioterapia. Dalle 10 e 30 alle 16 gli ospiti possono scegliere tra diversi laboratori (dal giardinaggio alla pittura, dal bricolage alla cottura del pane), della durata di un’ora o un’ora e mezza ciascuna. A De Hogeweyk può entrare chiunque. Le porte automatiche restano però bloccate in uscita e per aprirle bisogna rivolgersi alla reception. Per favorire un maggiore scambio con il territorio, il villaggio è dotato di un ristorante, un piccolo supermercato, un caffè e un teatro fruibili sia dagli ospiti che dagli abitanti del paese. Dalla vicina scuola materna ed elementare, ogni mese i bambini vengono a trascorrere una giornata con i “nonni speciali”. Non è un ghetto, ma una città nella città per persone di solito emarginate dalla società. Più che un sogno realizzato, una buona pratica da realizzare: perché no.