Adelaide, sua nonna e i soldati. L’affascinante storia della patata di San Biase in Molise

San Biase, Molise, 1799. Un gruppo di ragazzini riceve dai soldati di un battaglione i tuberi da piantare. Così inizia la coltivazione della Patata Lunga di San Biase, che oggi marcia verso un marchio di qualità certificata

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Non c’è palato che non l’apprezzi. Cucinata in qualsiasi modo la patata è un alimento che piace ad ogni età e che viene utilizzato in un’infinità di ricette, anche dolci.

Ma c’è una varietà di patata che neanche tutti i Molisani conoscono. E’ la patata di San Biase, piccolo comune che si trova a pochi chilometri da Campobasso. Secondo un’affascinante storia della tradizione orale, la patata arrivò in questo territorio con i francesi di Napoleone Bonaparte nel 1799. E si diffuse nelle cucine del popolo una ventina di anni dopo, con la carestia del 1817.

La storia è affascinante e ce la racconta Michele Tanno, agronomo e infaticabile ricercatore di colture autoctone del Molise. Ci riporta la testimonianza di una donna deceduta nel 1970 a 96 anni, Adelaide Angelocola, che a sua volta aveva saputo come erano andati i fatti da sua nonna. E che sapeva che il tubero a San Biase era giunto ad opera dell’esercito francese durante la Rivoluzione Napoletana del 1799.

patata3 ridNel maggio di quell’anno, infatti, fece una breve sosta in un accampamento allestito nei pressi del paese un battaglione di soldati transalpini. Proveniva da Campobasso ed era diretto a Trivento per sedare una sommossa popolare fomentata dai briganti. Come spesso accadeva, un gruppo di ragazzini, tra cui la nonna di Adelaide, si avvicinò a quei militari per osservare quello che avevano e ciò che cucinavano. I soldati stavano preparando delle patate e ne fecero assaggiare ai bambini, offrendo loro anche dei piccoli tuberi da piantare, visto il loro stupore.

Quasi una favola quella raccolta da Michele Tanno. I ragazzi corsero nell’orto e ad insaputa dei propri genitori interrarono il misterioso omaggio ricevuto. Si sviluppò presto un bel cespo verde con fiori violacei dai quali si formarono piccole bacche prima verdi e poi giallastre, ma di sapore aspro e allappante, assai sgradevoli. Essi, credendo che questi fossero i veri frutti – e non quelli sottoterra – rimasero assai delusi pensando di essere stati raggirati.

In autunno i genitori andarono a preparare il terreno per la semina. Fu in quel momento che, con grande stupore, scoprirono un piccolo tesoro interrato: tanti bei pomi dorati. Fu così che molti conobbero e apprezzarono questo misterioso e provvidenziale alimento. Che però non fu accettato subito da tutti, perché molti contadini, legati a vecchi pregiudizi, lo consideravano malsano. Ma con la tremenda carestia del 1817 Don Biase Leone, il parroco del paese, consigliò di mangiar patate per rimanere in forze addirittura dal pulpito della chiesa. E così fece il maestro a scuola.

La patata di San Biase si diffuse allora negli orti e nei campi aperti. E fu la salvezza per tutti. Nell’agro di questo paesino, soprattutto nei campi più elevati, trovò il terreno ideale per dare vita ad abbondanti e pregiati raccolti che hanno sfamato intere generazioni.

Un insieme di fattori naturali come terreno, clima, esposizione e luminosità uniti alla laboriosità degli agricoltori, hanno permesso alle patate coltivate a San Biase di raggiungere nel tempo qualità e proprietà organolettiche uniche e inimitabili. E proprio per queste caratteristiche la patata di San Biase è stata sempre molto ambita dalle popolazioni dei paesi vicini, che la scambiavano con altri prodotti per farne provvista.

Iscritta nell’Atlante dei Prodotti Tradizionali dal 2013, la Patata Lunga di San Biase è stata di recente rivalutata come prodotto tipico del territorio. L’intento di alcuni coltivatori locali è produrla e rilanciarla con un marchio di qualità certificata.

(foto Antonella Struzzolino)