Salsa fai da te, dalla nonna alle conserve industriali. Ma quanti la fanno ancora? Nei paesi soprattutto è costume ancora diffuso: la conserva, nelle varie versioni di cottura, è ancora elemento irrinunciabile della dispensa. Occorrono spazi e strumenti tradizionali e particolari, ma c’è ancora una catena discendente al femminile nelle famiglie che amano mangiare prodotti fatti in maniera artigianale.
La ricerca della materia prima parte già in questi giorni, tra giugno e luglio, con le prenotazioni delle ‘quintalate’ di pomodori da trasformare in pezzi o polpa. Ci sono zone geografiche predilette e contadini che alla vigilia del mese di agosto hanno già impegnato tutto il prodotto in arrivo. E se un tempo la salsa era compito da svolgere come rito di fine agosto o di inizio settembre, oggi le date stanno arretrando sempre più e non è raro trovare chi, pomodori permettendo, è all’opera già da agosto.
Perché il pomodoro lavorato nel Sud è un must. La conserva permette l’elaborazione di sughi che garantiscono il rispetto della tradizione nei suoi piatti tipici e in quelli innovativi, durante tutto l’anno.
Così come i pelati, che vengono prodotti interi, divisi a metà senza semi e con buccia o in succulenti filetti lisci e puliti, come fa Roberta di Sapori in Tavola (Campobasso) che della trasformazione del pomodoro ha fatto un mestiere. “Li coltiviamo noi nelle nostre terre – ci spiega – quelle a ridosso dei fiumi che portano tradizionalmente frutti più dolci. Li raccogliamo e , in base a qualità e grandezza, li lavoriamo in maniera diversa confezionandoli nei relativi barattoli. Un percorso tutto casalingo, come accade nelle famiglie che ancora rispettano la tradizione, quindi genuino e gustoso”.
Rossi e succosi, i pomodori rappresentano gusti, piaceri e valori. Gioielli che in Molise, come nelle altre regioni meridionali, danno al pasto genuino gusto e sostanze insostituibili.
