Il Colibrì di Francesca Archibugi, imparare ad essere resilienti

Dal libro al film, Il Colibrì continua a stregare migliaia di spettatori. Nel cast, tra gli altri, Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Bérenice Béjo e Nanni Moretti

Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma è ora in tutte le sale italiane Il Colibrì, il film ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore Sandro Veronesi edito da La nave di Teseo e vincitore nel 2020 del Premio Strega.

Intenso. Emozionante. Meraviglioso. Una carezza sul cuore e un pugno nello stomaco. Una storia di resilienza ai duri colpi che il destino a volte ci riserva.

Diretto da Francesca Archibugi e distribuito da 01 Distribution, ad arricchire il viaggio del colibrì sono le musiche di Battista Lena e in particolare un inedito di Sergio Endrigo e Riccardo Senigallia ed interpretato da Marco Mengoni, Caro amore lontanissimo.

La vita è come un abito che non hai mai scelto.

Tra ricordi e salti temporali, tra Firenze e Roma, tra perdite atroci e amori intramontabili, il film racconta la vita di Marco Carrera. Come il colibrì – che sbatte le ali sessanta volte al minuto per rimanere immobile – anche Marco cerca con tutte le sue forze di stare fermo e di tenere fermo anche il tempo intorno a sé. Perché ci vuole coraggio anche per restare fermi.

L’amore ha vinto, vince e vincerà.

È attorno ad una villa al mare in Maremma che si svolgono gli eventi più significativi della vita di Marco Carrera. È qui che ha imparato la lezione più dura: l’amore deve spesso fare i conti con il dolore. È qui che ha visto la sorella morire suicida a soli ventiquattro anni, i genitori litigare e poi ritrovarsi, la figlia crescere con l’assurda convinzione di avere un filo dietro la schiena che la lega ai muri di casa. È qui che ha conosciuto Luisa Lattes (Béjo), il suo amore assoluto – platonico e mai consumato – fatto di addii, lettere d’amore e sguardi fugaci. È qui che ritorna con sua moglie Marina (Smutniak). È qui che riceve la notizia della morte della figlia Irene. Ed è qui che Marco decide di tornare da malato terminale, circondato da coloro che ama e che ha amato.

Nonostante la solitudine, le distanze, le perdite, le difficoltà, Marco Carrera ha amato la sua vita e ha dimostrato ancora di una volta di essere come un colibrì, che in molte culture rappresenta l’amore per la vita, il coraggio e la perseveranza.

Il Colibrì riflette sulla forza ancestrale della vita, sulla strenua lotta che tutti noi facciamo per resistere a ciò che talvolta sembra insostenibile. Perché sopravvivere non significa vivere di meno.

Se la storia di Marco Carrera vi ha appassionato cercate la sala più vicina e andate a vedere Il Colibrì o acquistate il best-seller.