Da ieri mattina è arrivata a Campobasso, in piazza Prefettura, la Teca, gestita dall’Associazione Quarto Savona Quindici, che contiene i resti della Fiat Croma blindata, macchina di scorta di Giovanni Falcone, su cui il 23 maggio 1992, giorno della strage di Capaci, viaggiavano Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Per scoprire la Teca davanti all’intera cittadinanza, si è tenuta, proprio in piazza Prefettura, una manifestazione pubblica alla presenza delle Autorità Civili e Religiose e delle scolaresche della città.
L’iniziativa dell’esposizione della Teca dell’Auto Quarto Savona Quindici che ha ricevuto il patrocinio del Comune di Campobasso e che è promossa dal Coordinatore Regionale per il Molise dell’Associazione Nazionale Antimafia “ConDivisa, Sicurezza e Giustizia”, dottor Giovanni Alfano, continuerà, in piazza Prefettura, anche per la giornata di martedì 11 ottobre.
A ricevere la vedova dell’Agente Antonio Montinaro, la signora Tina Montinaro, presente in Piazza Prefettura, è stato il sindaco di Campobasso, Roberto Gravina.
L’impatto doloroso e tremendo che ebbe, nella storia del nostro paese, l’attentato a Giovanni Falcone, così come quello al giudice Borsellino, resta indelebile e profondo – ha detto il sindaco Gravina – La Teca che oggi, grazie all’Associazione Quarto Savona Quindici e all’Associazione Nazionale Antimafia “ConDivisa, Sicurezza e Giustizia”, ospitiamo nel centro della nostra città, rappresenta, molto più che simbolicamente, la lacerazione che gli italiani hanno avvertito nella loro vita quando, poco più di trent’anni fa, la ferocia che nasce dall’illegalità tolse la vita a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e agli uomini della loro scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Il ricordo e la riconoscenza che oggi abbiamo per tutti loro e per i loro familiari, così come per tutte le vittime della mafia e della criminalità organizzata – ha sottolineato il sindaco – è un ricordo che si innesta necessariamente nel presente, perché è esempio dell’estremo sacrificio compiuto da uomini e donne che hanno inteso la loro vita come opera di servizio verso il nostro Stato e, quindi, verso ognuno di noi.
Un tale esempio, un tale insegnamento, vanno fissati nella memoria storica e civile dell’intero popolo italiano e, soprattutto, vanno trasmessi alle giovani generazioni. Per questo compito, portato avanti nel tempo con inalterata competenza e sensibilità, dobbiamo ringraziare il mondo della scuola che intorno ai temi della legalità costruisce percorsi che diffondono non solo conoscenza, ma aprono ai giovani e a tutti noi il campo a riflessioni più complesse, riflessioni che sono necessarie per capire la natura criminale di un fenomeno come quello della mafia o di altre organizzazioni simili.
La mafia si insinua nelle divisioni istituzionali prim’ancora che sociali del nostro Paese, ed è da lì che penetra, cresce e si diffonde nella nostra società. Quando siamo divisi come Istituzioni, la mafia ha campo libero, come lo ebbe quel 23 maggio del 1992. Si nutre di quello il male, della conflittualità sociale, per imporre con la violenza il proprio status quo.
Per contrastare ogni tipo di violenza criminale – ha aggiunto il sindaco in conclusione – dobbiamo ritrovarci uniti intorno ai nostri valori costituzionali e vicini a chi ha donato la propria vita per difenderli e permetterci così di essere liberi e non assoggettati alla legge del più forte. Uniti proprio come oggi lo siamo in questa piazza, l’uno accanto all’altro, con l’orgoglio di essere parte di un Paese che ha avuto uomini e donne che l’hanno difeso, come Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, e che ha saputo rispondere agli attacchi della mafia come anche del terrorismo, con il sostegno quotidiano di tutti gli italiani consapevoli che accanto a ogni intervento di tipo legislativo o di controllo del territorio, viene il ruolo che ognuno è chiamato ad assolvere, con trasparenza e rispetto della legalità, ogni giorno nella società in cui viviamo.