L’Erasmus fa innamorare: è accaduto ad un terzo degli studenti. Dal 1987 ad oggi sono nati 1 milione di bambini. E’ uno dei dati diffusi dall’Università di Roma Niccolò Cusano, che aderisce al programma europeo. Obiettivo: capire qual è l’impatto sul piano personale, sociale e occupazionale di questo lungimirante e produttivo progetto; i dati sono raccolti nell’infografica “Erasmus: il ritratto di una generazione”.
L’identikit dello studente Erasmus è donna, studia alla facoltà di economia, ha 22 anni e parte per un periodo di sei mesi avvalendosi di una borsa di studio del valore medio di 272 euro al mese. In ordine di preferenza le mete più ambite dagli studenti italiani sono Spagna, Francia, Germania, Regno Unito e Portogallo, mentre l’Italia si posiziona al quinto posto nelle mete preferite dagli studenti stranieri.
Dallo studio emerge che i giovani che effettuano un periodo di studio all’estero vivono un’esperienza di crescita personale: in particolare accrescono la capacità di risolvere problemi, l’apertura mentale, la capacità di prendere decisioni, la conoscenza di sé, la curiosità e la fiducia in se stessi.
L’impatto sul mercato del lavoro del progetto Erasmus produce esiti positivi, complici il valore aggiunto apportato al curriculum vitae e soprattutto il bagaglio linguistico arricchito di chi è partito in Erasmus: il tasso di disoccupazione degli ex-Erasmus dopo 5 anni dal conseguimento dalla laurea è del 23% inferiore rispetto al tasso di disoccupazione di coloro che hanno deciso di restare a casa. Inoltre, il 64% dei datori di lavoro afferma di essere propenso ad attribuire maggiori responsabilità al personale con esperienza internazionale rispetto a chi non ne ha.
Il progetto Erasmus allarga gli orizzonti degli studenti e la loro rete di relazioni. Il 93% degli studenti che ha vissuto questa esperienza internazionale, infatti, afferma di voler vivere all’estero in futuro, contro il 73% di coloro che sono rimasti a studiare nel proprio Paese. Per di più, il numero degli studenti Erasmus che cambia Paese di residenza almeno una volta dopo la laurea è di due volte maggiore rispetto a quello di coloro che non ha vissuto un’esperienza di mobilità durante gli studi.