Alzheimer: il vaso dei ricordi per la demenza precoce. E il buio arriva più tardi

    DEMENZA E ALZHEIMER, LE ULTIME SUI CAMPANELLI D'ALLARME

    La demenza è un problema emergente legato anche alla più lunga speranza di vita dell’essere umano. In Italia le persone colpite dalla demenza sono più di un milione e duecento mila, ognuna di esse coinvolge altrettante famiglie, più o meno grandi. Si può immaginare facilmente l’entità del fenomeno che ricade sulla collettività attraverso i medici di base, gli ospedali e soprattutto le strutture che ospitano persone di una certa età o non più autonome.

    In tutto questo esistono regioni particolarmente interessate, come il Molise, non per una questione endemica ma semplicemente perché, a causa dell’allontanamento delle nuove famiglie verso territori con possibilità di lavoro, registrano una popolazione media di età molto elevata.

    Sulle cure non c’è molto da dire: ormai è noto anche a chi non è esperto in materia che farmaci capaci di portare alla guarigione non ce ne sono. Ma molto si può fare nella fase che precede l’aggravarsi della malattia affinché in questo periodo la vita sia dignitosa e carica di sentimenti da provare e comprendere.

    Esistono infatti tante piccole o grandi tecniche che gli studi stanno mettendo a punto, terapie vere e proprie che si applicano in caso di insorgenza dei segni premonitori. E i risultati ci sono. Una di queste è “il vaso dei ricordi” che in Italia la Fondazione Alzheimer sta sperimentando in alcuni centri sulla scia di esperienze internazionali pregresse riuscite.

    Il “vaso dei ricordi” è realmente un vaso che contiene oggetti legati alla vita dei protagonisti che seguono la terapia: un guanto del matrimonio, un anello di fidanzamento, altre cose del genere legate a momenti forti dell’esistenza. Sono questi oggetti i veicoli di segni, gesti e sentimenti che i partecipanti al progetto mettono in gioco, insieme alla loro capacità di ricordare. In un clima di amicizia ciascuno di essi con rispetto ed ascolto porta in cerchio le proprie esperienze in famiglia e nella società, condivide personali strategie per far fronte alle difficoltà quotidiane utilizzando, in maniera simbolica, gli oggetti del vaso. Che da oggetti dell’oblio si trasformano in elementi positivi di conforto e benessere.

    Il vaso dei ricordi – spiega la presidente della Fondazione Alzheimer Italia in una recente intervista – è un approccio basato sulla persona. La sperimentazione punta a mostrare come il malato non sia un oggetto passivo bensì un individuo con una sua storia, una sua identità, una sua personalità.  Mettere al centro i malati, dar voce a loro e ai loro familiari, dare ascolto ai loro bisogni quotidiani: questo è il nostro impegno”.

    La Federazione Alzheimer Italia è la maggiore organizzazione nazionale non profit dedicata alla promozione della ricerca medica e scientifica sulle cause, sulla cura e sull’assistenza per la malattia di Alzheimer; opera in sede e internazionale e coordina circa cinquanta associazioni che si occupano della malattia di Alzheimer sui territori con lo scopo di creare di una rete nazionale di aiuto e di supporto.

    La frontiera dell’Alzheimer, secondo le ricerche più approfondite, oggi va proprio verso il riconoscimento precoce della demenza, la ricerca e l’identificazione dei segni, dei campanelli d’allarme, perché le diverse attività come il vaso dei ricordi possano essere utilizzate per allontanare il più possibile la piena conclamazione della malattia. In questo senso occorre a livello collettivo una forte sensibilizzazione.