Dalla rete degli scafisti alla rete di PUERI, il progetto che non c’è più

A Capodarco si parla di accoglienza minori stranieri e di strategie per evitare lo sbando

La tutela giuridica di un minore straniero inizia sin dallo sbarco. Su questo principio si è mossa una grande esperienza di équipe in cui assistenti sociali, psicologi e mediatori culturali hanno operato per impedire di perdere molti minori non accompagnati.

E’ il Progetto PUERI – Pilot action for Uams: Early Recovery Interventions, iniziativa confinanziata dalla Commissione europea nell’ambito delle Emergency assistance Fami 2016 (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione) con il coordinamento del Ministero dell’Interno e gestito dalla Fondazione nazionale degli Assistenti sociali e dal Cies, il Centro informazione ed educazione allo sviluppo.

Un bagaglio eccezionale di buone pratiche, di esperienze e di competenze che si è rivelato molto prezioso per la gestione del fenomeno migratorio che però non è stato rifinanziato, con il cambio al vertice del 2018, dal Governo italiano. Ne ha parlato oggi al Seminario nazionale di giornalismo sociale a Capodarco di Fermo Silvana Leonforte, assistente sociale specializzata che nel progetto ha lavorato e che ne ha potuto riscontrare in prima persona benefici per i minori ed obiettivi raggiunti per le istituzioni.

Nato per favorire la presa in carico dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) giunti in Italia, per seguire il loro percorso di accoglienza e per cercare di evitare che si allontanino dai Centri per finire vittime della criminalità organizzata, ha permesso di lavorare su ben 1800 i minorenni prevalentemente provenienti da Tunisia, Gambia, Senegal, Nigeria, Ghana, ma anche da Egitto e Albania, in gran parte maschi alle soglie della maggiore età.

Circa 5600 i colloqui effettuati da esperti, circa 70 i professionisti multidisciplinari che hanno fatto capo ad un coordinamento della Fondazione nazionale degli Assistenti sociali e del Consiglio nazionale dell’Ordine. Un’operazione supportata dalle Organizzazioni umanitarie nazionali ed internazionali, governative e non governative che operano nei centri di accoglienza.

“Nei quattro hotspot individuati dal Ministero dell’Interno (Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto) – ha spiegato la Leonforte – un’équipe composta da un assistente sociale, uno psicologo ed un mediatore culturale attivava per ciascun minorenne una serie di colloqui volti a delineare un accompagnamento dallo sbarco alle strutture di accoglienza e un possibile percorso di vita futura.”

I risultati di PUERI sono stati molto positivi: ridotti considerevolmente i casi di fuga e soprattutto per i ragazzi i rischi di cedere alle lusinghe della criminalità organizzata. Dimostrato ancora una volta quanto sia importante un approccio multidisciplinare di professionisti, con le proprie competenze, specifiche,  nella fase di ascolto del minorenne straniero non accompagnato. Una metodologia indicata dalla legge italiana (cfr. legge 328/2000) per la gestione di tutti i minori in affido, sempre e per qualsiasi motivo.

La domanda, al di sopra di ogni approccio politico o economico (in 70 non lavorano più) è: tagliare i fondi a queste iniziative ci fa sentire davvero più sicuri?