A volte ti senti un fantasma tra la gente. E tutto ti scivola addosso

La disabilità superabile raccontata da una mamma che all'ostacolo risponde con la determinazione. Raffaella e l'esperienza del gruppo Appy Family di Isernia

Appy family articolo

Il profilo Facebook di Raffaella trabocca di voglia di fare, di positività, di colori e di sorrisi. Emerge e si distingue dal mare delle lamentele e della rabbia di cui il web è oggi pervaso. Le torte, il gruppo gourmet, l’amicizia, ma soprattutto le attività delle due figlie e l’amore eterno per suo marito sono messaggi netti tra post e fotografie. E sono lo specchio della sua realtà.

L’ho incontrata ad Isernia per conoscere meglio una bella iniziativa, il progetto Appy Family realizzato dalla cooperativa NuovAssistenza Onlus e dal Comune per sostenere le famiglie che convivono con una disabilità. Raffaella Notte è una delle mamme trainanti che in questa bella avventura si è buttata anima e corpo, come fa in tutto del resto. Ma la collaborazione arriva da tutti, perché l’autogestione è elemento fondamentale di tutto il progetto.

Appy non è un errore, ma ricorda il concetto di multimediale che caratterizza l’iniziativa. Obiettivo è la creazione di una rete di comunicazione tra le famiglie aderenti e i professionisti al loro servizio. Il contatto avviene attraverso una chat di gruppo su Whatsapp e il tutto si trasforma in aiuto reciproco ad ogni livello.

Partito operativamente dopo Natale, Appy Family si è rivelato provvidenziale in occasione della lunga quarantena causata dalla pandemia di Covid-19. Se quel gruppo sul cellulare non avesse fatto un magico lavoro, l’isolamento che queste famiglie di regola già conoscono si sarebbe accentuato rendendo tutto più pesante.

In che modo la chat vi è stata d’aiuto Raffaella?

Innanzitutto moralmente, perché ci ha permesso di affrontare e superare meglio la paura e il senso di impotenza. Tutti avevamo dei timori, è chiaro, ma parlarne tra di noi ci ha fatto bene. Poi ci ha aiutati ad animare ed utilizzare al meglio i tempi che i nostri ragazzi avrebbero trascorso a scuola o nelle varie attività extra-scolastiche. Insomma, abbiamo creato un comune senso di protezione, ci siamo sostenuti vicendevolmente ed abbiamo fatto un sacco di attività.

Parliamo di queste attività. Che tipo di iniziative? Come vi siete organizzati?

Io ho l’incarico di proporre un progetto alla settimana. Lo lancio, ne parliamo in chat, cogliamo i suggerimenti dello staff tecnico che cammina con noi, lo realizziamo nelle case e poi ne mostriamo i risultati confrontandoci. Abbiamo testato ed allenato la nostra capacità di costruire insieme qualcosa, di apertura al confronto. Ci siamo lanciati su temi diversi con tecniche diverse. Dalla semplice riflessione alle attività manuali fino alla realizzazione di un video per farci conoscere all’esterno. Abbiamo raccolto notevoli soddisfazioni e ci siamo anche divertiti.

Non credo sia stato semplice creare tutta questa armonia. Avete impattato contro qualche ostacolo?

Innanzitutto ognuno ha il suo carattere e non tutti si aprono velocemente a nuove iniziative. Ma la prima regola è il rispetto. Quindi ci siamo dati da subito e reciprocamente i tempi necessari per costruire pian piano questa amicizia. Però non posso dire di aver trovato veri ostacoli, anche perché eventuali passaggi più delicati sono accompagnati dagli esperti della cooperativa.

Il tuo temperamento è una vera forza. Anche se non credo che la tua esistenza sia una passeggiata. Quale tua caratteristica, qual è la tua arma segreta per procedere sempre così spedita?

Su questo non ho dubbi. E’ un mio difetto, non un pregio. Ma ringrazio il cielo di essere testarda. Non tanto in ciò che penso, ma in quello che faccio. Insomma sono come il cane quando azzanna l’osso. E non lo mollo! Lo trattengo con tutta la mia forza! E la mia esistenza non è per niente una passeggiata, anzi. Ma voglio e devo viverla intensamente. E ogni giorno cerco in me la grinta per guardare avanti fiduciosa.

Hai due gioielli, la piccola Jasmine e Giada, che ha 16 anni e si muove in carrozzina per una disabilità fisica. Le inserisci in ogni attività, Giada ha anche vinto un campionato mondiale di danza paralimpica. Due anni fa tuo marito è volato in cielo e ti sei ritrovata capitana di una nave con un carico prezioso ma pesante. E continui ad essere tu l’elemento trainante nelle attività. Non hai rinunciato al tuo lavoro di impiegata, copri le esigenze della grande e della piccola ed incoraggi gli altri a non mollare. Ma come diavolo si fa?

L’amore per le mie figlie mi rende tenace. All’inizio, quando la parola handicap è entrata nella mia vita, è stata dura. Il senso di impotenza e di profonda solitudine mi hanno aggredita. Eccome se mi hanno aggredita. Succede a tutti in questi casi, succede sempre. Ancora oggi mi capita di trovarmi in mezzo a tanta gente e sentirmi allo stesso tempo una perfetta estranea. Mi sento una che si trova lì, sola, con il suo disagio. Come un fantasma. E le cose mi sfiorano. Non riesco a comunicare, penso che sia inutile parlare di quello che vivo e che sento. Ma credimi: io sono stata anche molto molto fortunata…

Fortunata?

Sì. Perché ho incontrato sulla mia strada persone che mi hanno aiutata, che mi hanno dato tanto. Questa consapevolezza mi aiuta a procedere sempre positiva. Quello che io ho ricevuto lo devo passare ad altri. A chi si trova nella situazione in cui ero io. E’ normale, no?

Normale. Sì…. Ma la determinazione e la tenacia non bastano. Seguire le figlie, organizzare tutte le loro esigenze, prestare tutte le cure necessarie richiedono un’attività fisica costante. Quali sono gli aiuti esterni che più ti fanno bene?

Chiariamo un punto: chi non vive la disabilità in casa non capisce fino in fondo che cosa questo significhi. Non si tratta solo di accettare la realtà che ti tocca vivere. Rispetto alle tue aspettative, ai tuoi sogni, al confronto con gli altri. Ci sono accanto un lavoro fisico e una tensione mentale continui, senza sosta. Perché la miriade di movimenti che facciamo ripetutamente ed automaticamente tutti noi cosiddetti normodotati, per un disabile li deve sempre fare qualcuno. Andare in bagno, soffiarsi il naso, bere un bicchiere d’acqua, mettere una coperta sulle gambe: piccole esigenze che però richiedono una presenza costante. L’aiuto più prezioso? E’ quello che ti permette di uscire e staccare qualche ora, di andare a fare due passi o dalla parrucchiera, per rigenerarti un pochino.

Hai ricevuto aiuti di questo tipo? Ma soprattutto esistono secondo te misure che realmente sono di supporto a famiglie con l’impegno di una disabilità?

La mia vita è cambiata quando ho avuto accesso all’Home Care Premium, il servizio che ti affianca un operatore per qualche ora al giorno. Per me è stato il paradiso: non solo un sollievo per il lavoro quotidiano, ma anche e soprattutto, come ripeto, l’arrivo di un angelo al mio fianco. Ho accanto una persona adorabile che ‘si prende cura’ davvero di noi e che ha cambiato l’esistenza anche a Giada. E poi ad arricchire il tutto è arrivato il progetto Appy Family, che io in chat ho voluto chiamare Happy Family. Perché ha portato a tutti noi una ventata di felicità.