Un milione e 340mila imprese, 3 milioni di occupati e un forte apporto al sistema dell’istruzione e del welfare di natura privata, così importante per agevolare la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro delle famiglie. E’ questa l’ultima fotografia delle imprese femminili, scattata dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere. Nella scelta di aprire una attività autonoma, sono molte le donne che preferiscono orientarsi verso i settori che offrono servizi alle famiglie, come quelli che si occupano di istruzione, o che operano nella sanità e nell’assistenza sociale. In questi ambiti, infatti, più di una impresa su tre è gestita da donne, con tassi di femminilizzazione, quindi, ben superiori a quello medio (22%). I dati al 30 settembre scorso mostrano che nell’Istruzione le 9.600 imprese femminili sono oltre il 30% del totale, con un aumento di circa 1.500 unità rispetto a settembre 2014.
Nel campo sanitario e dell’assistenza sociale, poi, le 17mila imprese femminili oggi esistenti rappresentano quasi il 38% del totale, con un incremento di oltre 2.400 imprese rispetto a cinque anni fa e una forte specializzazione nella cura e nell’assistenza all’infanzia. A dimostrarlo sono le 3.400 attività femminili che gestiscono servizi di asili nido, baby-sitting e assistenza diurna per minori disabili, che sono quasi l’82% di quelle registrate (4.170) e risultano in aumento di circa 200 unità rispetto a 5 anni fa. Questa rete di imprese dedita alla cura dei bambini si configura, insomma, come una sorta di “soccorso rosa” per i papà e le mamme lavoratrici, e risulta particolarmente numerosa e fitta in alcune regioni (Lombardia e Lazio innanzitutto), meno diffusa, invece, nelle regioni più piccole, come Valle d’Aosta, Molise e la Basilicata.
Guardando più da vicino i dati della nostra regione, il Molise conferma il più alto tasso di femminilizzazione in generale sulla totalità delle imprese. I settori con la maggiore presenza di imprenditrici sono, in ordine, le altre attività di servizi, la sanità e l’assistenza sociale, l’agricoltura, l’istruzione e le attività di alloggio e ristorazione. In particolare i dati relativi all’agricoltura sono in linea con i tassi di femminilizzazione delle regioni Abruzzo, Basilicata, Campania e Umbria. Regioni, quindi, del centro-sud Italia nelle quali la particolare conformazione geografica non ha storicamente consentito lo sviluppo del latifondo.
La nostra regione si dimostra invece fanalino di coda per il tasso di femminilizzazione nel settore delle Attività professionali, scientifiche e tecniche. Tasso più basso solo nel Trentino Alto Adige.