La raccolta delle olive, potente antistress tutto molisano

In tanti in autunno lasciano la routine della città per alcune bucoliche, faticose e rigeneranti giornate in campagna

ulivo Giancarlo

Non amo la campagna, non mi è mai piaciuta. Ci ho vissuto per trent’anni, poi appena ho avuto la possibilità di andar via sono fuggito. Vivo a Campobasso, 50mila abitanti ma capoluogo del Molise, dove se hai la fortuna di abitare in un piano alto, affacciandoti dai balconi ti rendi subito conto che la campagna non è poi così lontana, e che appena dopo i quartieri più periferici iniziano distese di boschi e di terreni coltivati.

Seppur molto piccola Campobasso è comunque una città e mi piace moltissimo sentire il rumore del traffico, vedere la gente che cammina, che si incontra nei caffè, che va a lavoro o che porta i figli a scuola. Se avessi potuto sarei andato a vivere in una metropoli dove la campagna è realmente molto distante da grattacieli e colate di cemento che brulicano di gente. E chissà se un giorno lo farò.

Ma trent’anni di campagna non mi hanno fatto dimenticare il forte legame con la terra dei miei genitori, con quella tradizione che ci tramandiamo di generazione in generazione e che culmina ogni anno a cavallo di San Martino: la raccolta delle olive. Più che una tradizione è un rito di famiglia e di famiglie a cui si cerca di non mancare mai. Si lascia per un paio di giorni l’ufficio, la cartella col pc depositata nello studio e infilati scarponi e giubbotti si raggiungono i campi per iniziare la giornata ‘bucolica’. Tra una risata e qualche chiacchiera l’atmosfera si fa subito rilassante, si azzera lo stress e la tensione. Il potere della terra.

La raccolta delle olive diventa così una riunione di famiglia, una sorta di terapia di gruppo che allontana cattivi pensieri e ossigena la mente. Saranno i paesaggi, saranno i sorrisi dei miei genitori, sarà il sapore di un panino consumato all’una precisa seduti sui tronchi di piante secolari, ma il tempo passa in fretta e al calar del sole tutti a casa. Si torna in città stanchi ma carichi di energia e con la consapevolezza che a quella terra dalla quale sono voluto andar via qualcosa ancora di forte ancora mi tiene legato: forse quel filo d’olio che sa di famiglia.