E’ assai singolare, preoccupata e molto chiara. E non deve assolutamente passare inosservata la nota pubblica appena diffusa dal Procuratore distrettuale antimafia Nicola D’Angelo in merito all’ultimo caso di tentata estorsione in Molise.
Al di là del fatto di cronaca c’è l’analisi di un fenomeno che potrebbe cambiare le sorti di una regione da sempre definita un’isola felice. Ma così non è. E gli appelli delle forze dell’ordine e della magistratura in merito si sono moltiplicati soprattutto negli ultimi tempi.
Sono tre le persone sottoposte a misura cautelare, due arrestate, l’altra ai domiciliari. La Squadra Mobile della Questura di Campobasso ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure coercitive disposta dal G.I.P. del Tribunale di Campobasso, dott.ssa Roberta D’Onofrio. La vicenda va considerata d’esempio per i cittadini che devono trovare nella denuncia la via d’uscita davanti a simili esperienze. Vale la pena dunque riportare in toto le parole del procuratore D’angelo, che non si risparmia nell’accorato appello alla cittadinanza: Parlatene con noi!
Due persone, entrambe domiciliate a Campomarino (CB) sono state tratte in arresto e associate in carcere. Una terza di Sant’Elia a Pianisi (CB) è stata sottoposta alia misura cautelare degli arresti domiciliari. Il reato contestato a tutti i soggetti attinti da misura (e ad altri denunciati a piede libero) è di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, in danno di un imprenditore edile di Campobasso. Qualche giorno prima di Natale, i due indagati oggi tradotti in carcere (pluripregiudicati) si sono presentati sotto l’abitazione della vittima, pretendendo – secondo quanto emerso dalle indagini – la corresponsione indebita di denaro. Il pretesto di tale richiesta era quello di ottenere in favore del “mandante”, di Sant’Elia a Pianisi, del denaro a fronte di asseriti crediti che quest’ultimo avrebbe vantato; la richiesta iniziale di 7.000 euro è poi lievitata fino a 100.000!
L’imprenditore estorto, nonostante la prostrazione e la comprensibile preoccupazione, per sé e per la propria famiglia, ha trovato il coraggio di rivolgersi alla Polizia e denunciare il fatto così consentendo alla Squadra Mobile, coordinata da questa Procura, di ricostruire compiutamente la vicenda individuando le singole responsabilità. Il G.I.P. ha condiviso l’impianto accusatorio anche in relazione alla sussistenza del “metodo mafioso“, cioè alle intimidazioni che richiamano direttamente la metodologia utilizzata dai sodalizi criminali che controllano interi territori, sia pure non, fino ad ora, quello molisano. Peraltro il reato e stato commesso da soggetti non del tutto estranei a contesti camorristici i quali hanno agito avvalendosi, per l’appunto, di modalità tali da evocare la forza intimidatrice dell’agire mafioso.
Si confermano con l’odierna operazione di polizia giudiziaria (denominata “Red Zone“, evocando sia le zone rosse Covid di provenienza degli arrestati, sia l’obiettivo di tenere indenne un territorio, quale quello molisano, dalle possibili infiltrazioni) le preoccupazioni per l’apparire di segnali riferiti a tentativi di penetrazione del tessuto economico molisano da parte della criminalità organizzata, vieppiù preoccupanti ove inseriti nel contesto della crisi pandemica che rischia di rendere ancora più vulnerabili numerosi settori e comparti economici.
Questa vicenda può essere presa ad esempio dei diversi modi di essere e di sentirsi “cittadino” di questa Regione: da un parte si può essere un imprenditore con la schiena dritta, che riceve minacce da pluripregiudicati, si preoccupa, ha timore, ma non esita e fa l’unica cosa giusta, denuncia i fatti all’Autorità; dall’altra si può scegliere di essere un imprenditore che si avvale di pregiudicati, li utilizza e si fa loro strumento per rivendicare crediti, peraltro inesigibili. Se prevarranno i cittadini con la schiena dritta, questa Regione non avrà nulla da temere dalla criminalità mafiosa; non la Procura, non le forze dell’ordine, ma proprio costoro saranno quelli che impediranno alle organizzazioni mafiose di radicarsi.
Se prevarranno i cittadini dell’altro stampo, il destino potrà essere diverso. Gli sforzi della Procura e delle forze dell’ordine potrebbero non bastare; anche risultati importanti e successi investigativi potrebbero non riuscire ad impedire, alla criminalità mafiosa, di divenire sempre più aggressiva con il rischio che i cittadini liberi di questa terra si trasformino in sudditi. Naturalmente noi faremo di tutto per evitarlo.
Dal confronto con le forze dell’ordine emerge la netta percezione che diverse persone stiano chinando il capo di fronte alle pretese di soggetti di chiara caratura criminale, che pagano per non subire aggressioni, che soffrono vedendosi sottrarre l’azienda, che si rivolgono a pregiudicati per risolvere un loro problema pensando, poi, di poter mantenere le distanze. Persone che, in definitiva, si sentono sole ed in pericolo.
Per chi si trova in queste condizioni un’unica strada è possibile: denunciare questi abusi! Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza vi aspettano per tutelarvi, per ricevere le vostre denunce; alcuni dei loro uffici sono aperti ad ogni ora. Questo Procuratore, con tutti i suoi colleghi, è presente ogni mattina in Procura per ricevervi e dedicarvi attenzione. Siamo in Procura ad aspettarvi, per sentirvi, per indirizzarvi. Noi tutti siamo pagati per questo.
Non occorre prendere appuntamento, non occorre farsi annunciare. E’ sufficiente raggiungere gli uffici dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza; è sufficiente raggiungere il palazzo di giustizia e chiedere di parlare con il Procuratore. Fare questo passo è molto più semplice di quanto non possa sembrare. Vi aspettiamo.
L’azione preventiva e repressiva richiede la discesa in campo di più attori volti a impedire un radicarsi della criminalità organizzata sul territorio molisano. Ma ancor più importante è la collaborazione dei cittadini, i quali non devono scendere a compromessi con persone che, ancorché possano non manifestare da subito il vero volto criminale, sanno inizialmente sedurre e poi “fagocitare” le attività e governare, col metodo mafioso, l’intero territorio.
La denuncia dei cittadini onesti – ricorda ancora con forza il procuratore D’angelo – è l’unica strada possibile.