Ieri pomeriggio, nei locali del Centro Culturale Aldo Moro di San Salvo, il reporter RAI Giammarco Sicuro ha regalato al pubblico la sua testimonianza sulla crisi in Ucraina e ha presentato il suo libro L’anno dell’alpaca in cui racconta il suo viaggio intorno al mondo durante la pandemia.
Giammarco Sicuro è rientrato in Italia dopo aver trascorso quattro settimane in Ucraina, da dove ha documentato la guerra da vicino, raccogliendo le testimonianze dei cittadini di Mykolaiv e Odessa e cercando di aiutare la popolazione in ogni modo.
Prima però era stato a Mosca, per raccontare entrambe le prospettive del conflitto e fornire alle persone a casa una versione dei fatti il più veritiera possibile. Un intento naufragato tra i pericoli di regime, perché la RAI, dati i forti rischi per i suoi inviati, ha richiamato tutti in patria. D’altra parte la politica impediva al giornalismo di esprimersi a dovere.
In Paesi come la Russia non è per niente facile esercitare la professione giornalistica. Così come in Venezuela, dove Sicuro qualche anno fa è stato costretto ad entrare da clandestino e a fare finta di essere un semplice turista, consapevole di tutti i rischi che questo comportava. Ancora oggi sono in molti a chiedergli di recarsi in Yemen per raccontare una guerra dimenticata che va avanti da un decennio, senza sapere che da 4 anni in Yemen non si può proprio entrare. A questo proposito, il reporter ha tenuto a sottolineare l’importanza del giornalismo in tempo di guerra, l’unica arma che dovremmo avere nel nostro arsenale per riconoscere la propaganda e le fake news.
Il titolo del suo primo libro, L’anno dell’alpaca, non è un riferimento al calendario cinese, è il diario che l’inviato RAI ha scritto durante il viaggio compiuto intorno al mondo, in solitudine, accompagnato soltanto da un alpaca e un lama… di peluche.
Nel febbraio del 2020 Giammarco Sicuro si trovava in vacanza in Perù e mai avrebbe potuto immaginare che di lì a poco l’Italia, seguita a ruota da tutti gli altri Paesi, sarebbe entrata in lockdown a causa di un virus sconosciuto e letale. E che avrebbe chiuso tutte le frontiere.
Quella che era iniziata come una vacanza si è poi trasformata in un viaggio con reportage lungo nove mesi, che, puntando la rotta verso casa, ha attraversato ben tre continenti. Il libro è una sorta di backstage dei suoi servizi televisivi, in cui Sicuro, come affermato durante l’incontro di ieri, ha deciso di “mettere in piazza” le sue emozioni. Non è il racconto della pandemia, che però fa da sfondo ai veri protagonisti: le storie delle persone, raccolte in mondi solo apparentemente lontani.