Donne in Asia e Africa: ai margini nell’istruzione e nella vita politica

Secondo un recente rapporto del World Economic Forum (WEF), nessun Paese al mondo è ancora riuscito a eliminare il divario di genere. In troppi luoghi rimane ancora troppa violenza, repressione e discriminazione

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Essere donna, senza troppi giri di parole, rappresenta ancora un problema. In Occidente le donne, nonostante la situazione sia di gran lunga migliore rispetto ai paesi dell’Africa e dell’Asia, continuano a morire perché vittime di omicidi da parte dei propri uomini e non. Abusi, maltrattamenti in famiglia e mobbing sul lavoro, sono notizie che ascoltiamo quotidianamente: talvolta ne siamo anche assuefatti. Altrove, accade che molte donne continuano a rimanere indietro sotto diversi aspetti della società, a partire dalla partecipazione economica, dal livello di istruzione, per passare poi all’emancipazione politica. Alcune disuguaglianze riguardano addirittura la salute.

In Marocco solo il 27% delle donne lavora, ben al di sotto del tasso di partecipazione del 79% per gli uomini. Le donne che lavorano guadagnano una media di soli 3.123 dollari l’anno, rispetto ai quasi 11.000 dollari per gli uomini. Insomma è un dato particolarmente allarmante. Il Marocco ha anche una notevole lacuna nel tasso di alfabetizzazione poiché la metà delle donne non sa leggere e scrivere, in quanto non è permesso loro andare a scuola, soprattutto nei villaggi molto piccoli nei quali l’istruzione è riservata solo ai ragazzi.

In Costa D’Avorio il tasso di alfabetizzazione delle donne è al 30% e soltanto il 56% delle ragazze è iscritta nella scuola primaria, praticamente poco più della metà, il resto delle ragazze lavora nei campi o accudisce i fratelli più piccoli.

Nello Yemen nemmeno la metà delle donne del paese è in grado di leggere, contro l’83% degli uomini. Inoltre, le donne rappresentano il 9% delle posizioni ministeriali e non hanno nessun seggio in parlamento. Secondo diversi osservatori internazionali, una delle cause principali di morte dello Yemen è il matrimonio precoce, corpi non preparati costretti a rapporti sessuali, con uomini molto più grandi. A partire dal 2006, il 52% delle ragazze yemenite si sono sposate prima di raggiungere i 18 anni e il 14% delle ragazze sotto i 15 anni di età hanno già un promesso sposo.

In Pakistan la disparità del livello di istruzione è ampia: solo il 31%  delle donne frequenta la scuola secondaria e questo numero non è da sottovalutare, calcolando che in Occidente le ragazze, almeno la maggior parte, ha libero accesso alle scuole secondarie. Ancora peggio è il divario nel tasso di alfabetizzazione: solo il 42% delle donne sarebbe in grado di leggere contro il 67% degli uomini.

Anche la Giordania non vive una piacevole situazione, anzi è una delle più critiche al mondo. La Regina di Giordania, Rania, lotta quotidianamente per migliorare la situazione sociale nel suo paese. Soltanto il 16% delle donne giordane partecipano al mercato del lavoro, è uno dei tassi peggiori al mondo in cui vivere se si è donne. Poi mentre l’uomo medio in Giordania guadagna 19.300 dollari ogni anno, la donna in media guadagna approssimativamente 3442 dollari. In politica il tasso è ancor più allarmante; solo il 12% dei seggi parlamentari e l’11% delle posizioni ministeriali sono infatti tenute da donne, è uno dei tassi più bassi al mondo, così come in Libano che solo il 3% dei seggi in Parlamento libanese sono occupati da donne e nessuna posizione ministeriale del paese è occupata dalle donne. In Iran solo 17% delle donne lavora, contro il 76% degli uomini. Addirittura le donne hanno bisogno dell’approvazione di un tutore maschio per sposarsi e viaggiare all’estero. Anche ciò che si vive in Chad è abbastanza complicato, anche dal punto di vista politico: il Paese soffre di una cronica instabilità regionale, legata ai conflitti in Darfur e in Repubblica Centrafricana. Qui solo il 28% delle donne nel paese, infatti, è in grado di leggere.

La parità di diritti tra uomini e donne deve essere considerata come un principio fondamentale. Gli ostacoli di carattere legale, economico, politico o culturale, che impediscono l’uguaglianza dei diritti, dovrebbero essere individuati e rimossi mediante adeguate politiche di riforma e una decisa azione di implementazione dei diritti. L’uguaglianza è un impegno politico su vasta scala. Il suo raggiungimento richiede un modo di pensare in cui gli stereotipi sulle donne e sugli uomini non limitano più le loro scelte, ma aprono la strada a una nuova filosofia che vede tutte le persone come elementi essenziali per il cambiamento, senza nessuna differenza di genere, anzi, avendo anche dei riguardi per chi è più debole