Come vivono i giovani l’impatto con il mondo del lavoro? L’esperienza di Debora

debora giovani e lavoro

Quando abbiamo dato vita al magazine Il Colibrì abbiamo pensato a contenuti un po’ in controsenso rispetto a quanto leggevamo in giro. Eravamo stufi di ascoltare lamentele, di osservare quanta negatività la gente riesce a buttare sulle vicende della vita. E di contro sentivamo l’esigenza di far conoscere un altro lato della medaglia, un lato forse molto più luccicante. Il mondo di chi non si lamenta, di chi detesta come noi la sterile polemica (che su questo magazine non ha mai trovato spazio), di chi accanto alla caduta riesce sempre a trovare lo spunto per germogliare nuovamente. Di chi si tira su le maniche e si impegna a superare l’ostacolo, grande o piccolo esso sia, senza le solite scorciatoie.

Così ci piace raccontare di persone che hanno superato l’handicap realizzandosi e raggiungendo la soddisfazione personale, di giovani che hanno puntato dritto all’obiettivo e senza sconti ed hanno realizzato piccoli o grandi sogni. Favole vere che in tanti, troppi, pensano non esistano. E invece ci sono eccome, ma non fanno notizia. Perché chi si realizza deve lavorare per mantenere in vita quanto ha raggiunto. E non ha tempo per pendersi in parole, o peggio in fatti, che portano al vuoto totale.

Il mondo della disabilità ad esempio, nei suoi attori protagonisti è da sempre un pozzo di insegnamenti e di lezioni di vita. Per tutti. C’è sempre, in ogni generazione, una schiera di gente resiliente e caparbia, pronta ad imbracciare i ferri del mestiere per trasformare spazi di apparente anormalità in squarci di sereno. Gente da cui imparare.

Come tutti quei giovani che scelgono di operare al fianco di patologie nuove, in continua evoluzione e ancora così sconosciute come l’autismo (termine, pare, ormai riduttivo). Storie quotidiane, esempi di soddisfacente ed entusiasmante normalità come quella di Debora Altobelli, 28 anni, assistente sociale e terapista ABA.

Mi sono diplomata al liceo linguistico – ci racconta – anche se con il passare del tempo mi sono accorta che non era la mia vera strada. Negli ultimi anni del liceo ho iniziato a maturare la volontà di, diciamo così, mettermi a disposizione dell’altro. Ed intendevo farlo a 360 gradi, indipendentemente dalla problematica da affrontare e dalla difficoltà. Il corso di laurea che mi poteva permettere di avere le conoscenze e gli strumenti per far ciò era senza dubbio Scienze del Servizio Sociale. Dopo la laurea desideravo, come tutti, iniziare a lavorare sul campo e l’ho fatto ancor prima di conseguire l’abilitazione (seppur per progetti di breve periodi). Ma, ahimè dopo l’abilitazione mi sono resa conto che entrare nel mondo lavorativo era davvero complicato, non avendo io l’esperienza richiesta“.

E’ questo il punto di non ritorno. Il momento preciso in cui tanti ragazzi cadono nella buca dello sconforto, dell’apatia. E rischiano di arenarsi. Appoggiati, soprattutto in alcuni contesti culturali, da una mentalità fatta di ricerca spasmodica di un posto di lavoro eterno ed inespugnabile. Mai e poi mai, invece, bisogna rimanere a braccia conserte.

Ho deciso di fare domanda per l’anno di servizio civile in una cooperativa che, tra le tante cose, si occupa anche di autismo – continua a raccontarci Debora – È stato lì che ho capito davvero quale fosse la mia strada, che mi sono approcciata a questo bellissimo e, devo ammetterlo, fino ad allora sconosciuto mondo. Così variegato e sorprendente, talvolta anche in un’accezione negativa, che ti costringe a buttare giù qualsiasi tipo di preconcetto e a metterti continuamente in discussione. Da quella prima esperienza non ho più smesso di aver voglia di crescere, imparare, reinventarmi per migliorarmi. Perché chiunque fa questo lavoro sa bene che prima di lavorare con e per l’altro c’è da fare necessariamente un lavoro su se stessi“.

Debora oggi lavora nel centro Hanami di Ripalimosani e vede nel suo lavoro non solo la sua realizzazione professionale ma anche la sua personale mission, volta ad accrescere il benessere dei bambini che segue e, con il dovuto impegno, il proprio livello di soddisfazione e di gratificazione.